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#Accaddeoggi 12 dicembre 1969, Piazza Fontana: la strage senza colpevoli

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MILANO, 12 DICEMBRE – “Il seme della violenza ha dato i suoi frutti avvelenati. L’orrendo attentato di piazza Fontana rappresenta l’ultimo anello di una tragica catena di atti terroristici che deve essere spezzata ad ogni costo per salvaguardare la vita e la libertà dei cittadini”, queste le parole del Presidente della Repubblica dell’epoca, Giuseppe Saragat, nel suo telegramma inviato al presidente del Consiglio, a poche ore dalla strage consumatasi in piazza Fontana, il 12 dicembre 1969.

Una delle pagine più buie della storia Italiana,che diede il via a una tragica spirale di attentati (stazione di Bologna, piazza della Loggia, treno Italicus), causata dall’esplosione di una bomba, presso la Banca nazionale dell’agricoltura, appunto sita in Piazza Fontana. L’esplosione determinò la morte di 17 morti e 88 feriti. Questi i nomi delle vittime che – insieme ai loro famigliari, amici e a tutti gl’italiani – ancora gridano giustizia: Giovanni Arnoldi, Giulio China, Eugenio Corsini, Pietro Dendena, Carlo Gaiani, Calogero Galatioto, Carlo Garavaglia, Paolo Gerli, Vittorio Mocchi, Luigi Meloni, Mario Pasi, Carlo Perego, Oreste Sangalli, Angelo Scaglia, Carlo Silvia, Attilio Valè, Gerolamo Papetti.

Come si legge nell’editoriale del Corriere della Sera del 13 dicembre 1969: “Non sono possibili termini di confronto; non basta nessun richiamo o parallelo storico, con la sola eccezione della strage del «Diana», nella Milano infuocata dell’altro dopoguerra. Assistiamo alla totale dissoluzione dei principi di convivenza, su cui non può non reggersi l’ordine democratico; assistiamo alla sfida selvaggia e criminale contro i valori di tolleranza, di mutuo rispetto, in una parola di civiltà”.

“Mostruosa”, questa fu la parola utilizzata per definire la strage, un termine che racchiude tutto lo sgomento, il terrore, l’incredulità per l’accaduto. Il suddetto editoriale procede soffermandosi sul modus operandi degli autori di tale azione disumana, “La scelta dell’ora: l’ora di maggiore affollamento dei correntisti, piccole e media borghesia, ceto minuto di agricoltori che a fine settimana consegnano i loro risparmi o ritirano i loro depositi, espressione di un mondo di valori che si vuole ferire e rovesciare, in base alla mistica demenziale dell’eversione”.

Poi, tocca un tasto che – a distanza di anni – risulta essere ancora più dolente, un appello a fare giustizia, “La democrazia deve difendersi: con le leggi democratiche, nel rispetto dell’ordinamento democratico, ultimo e non sostituibile riparo contro la violenza e la follia. Non è il momento degli stati d’assedio; non è il momento delle leggi marziali. Esistono nella legislazione repubblicana, tutti gli strumenti atti a isolare i terroristi, sufficienti a punire i delinquenti. Tocca alle forze dell’ordine democratico, tocca all’autorità giudiziaria, innanzi alla quale giacciono numerose denunce per istigazione ad atti di terrorismo, restituire alla legge voluta dal popolo la sua sovranità”.

Ma ciò non è stato. Infatti, il lungo iter processuale apertosi dopo la strage, ha condotto alla sentenza del 2005 della Cassazione che, purtroppo, ha lasciato quella strage senza autori e mandanti.

“Viva l’Italia del dodici dicembre…”

Rosy Merola

Rosy Merola

Definisco il mio percorso professionale come un “volo pindarico” dalla Laurea in Economia e Commercio al Giornalismo. Giornalista pubblicista, Addetta stampa, Marketing&Communication Manager, Founder di SinergicaMentis. Da diversi anni mi occupo della redazione di articoli, note e recensioni di diverso contenuto. Per il percorso di studi fatto, tendenzialmente, mi occupo di tematiche economiche. Nello specifico, quando è possibile, mi piace mettere in evidenza il lato positivo del nostro Made in Italy, scrivendo delle eccellenze, start-up, e delle storie di uomini e donne che lo rendono speciale. Tuttavia, una tantum, confesso di cadere nella tentazione di scrivere qualcosa che esula dalla sfera economico-finanziaria (Mea Culpa!). Spaziando dall'arte, alla musica, ai libri, alla cultura in generale. Con un occhio di riguardo nei confronti dei giovani esordienti e di quelle realtà che mi piace definire "startup culturali". Perché, se c'è una frase che proprio non riesco a digerire è che: "La cultura non dà da mangiare". Una affermazione che non è ammissibile. Soprattutto in Italia.