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8 marzo: non (solo) mimose, ma rispetto

Premetto che, dato il suddetto titolo, non sono una femminista. Non faccio distinzione di genere, orientamento politico, religioso, sessuale, ma sento affini e mi avvicino alle persone sulla base di altri aspetti, tra cui: onestà, integrità morale, bontà d’animo e, soprattutto, educazione. In virtù di tutto ciò, rispetto chi oggi deciderà di festeggiare questo 8 marzo, sperando che almeno lo faccia alla luce delle motivazioni storico-sociali e non perchè, ormai, anche questa è diventata una ricorrenza commerciale. Tuttavia, pensando ai tanti, troppi casi di cronaca di donne uccise, massacrate per mano di uomini (un complimento definirli tali) frustrati, una domanda sorge spontanea: ma cosa c’è da festeggiare?

Fin da piccola, vedendo che non c’era una corrispettiva “festa dell’uomo”, ho percepito questa ricorrenza –  seppure nata con nobili motivazioni e finalità – come qualcosa di discriminatorio. È mai possibile che abbiamo bisogno di una “festa” o, peggio ancora, di imporre le cosiddette “quote rosa”, o l’istituzione di una legge “per l’imprenditorialita femminile”, per vedere riconosciuti i nostri meriti, le nostre capacità imprenditoriali e la nostra posizione nel contesto socio-lavorativo? Ci basterebbe che, accanto ai tanti obblighi e doveri che ci vengono imposti (senza sconto di pena), ci venissero riconosciuti anche i nostri diritti, al pari degli uomini senza bisogno di dovere ricorrere a ciò. Naturalmente, questo è un discorso generale dove, per fortuna, si possono individuare anche eccezioni. Ma, le eccezioni non ci bastano, vorremmo fosse la regola. Qui, qualcuno, potrebbe tacciarmi di “femminismo”, ma non è così (a mio modo sono romantica, apprezzo l’uomo galante che con piccoli gesti “quotidiani” fa sentire la donna che ama importante, unica). È solo desiderio di vedere applicato il criterio di “meritocrazia” (di cui sono una grande sostenitrice, non solo in questo caso specifico) nelle assunzioni, nelle promozioni e così via.

Perché, restando in tale ambito, non so se ad uomo è mai capitato di essere discriminato durante un colloquio di lavoro solo perchè aveva la fede al dito. Ecco, ad una mia amica sì. Curriculum vitae brillante, colloquio che stava procedendo nel migliore dei modi fino a quando lei, inconsapevolmente, ha poggiato una mano sulla scrivania. A quel punto, vedendo la vera nuziale, il selezionatore ha cambiato tono e decisione. Il perchè è intuitivo: una giovane donna sposata, prima o poi, deciderà di avere un figlio (ma come le viene in mente.. ovviamente sono amaramente ironica). Ciò implicherà che, ad un certo punto, dovrà andare in maternità. Così, per evitare complicazioni, la soluzione è semplice: non la si assume.

Oppure, prima di arrivare al colloquio, passando in rassegna gli annunci di lavoro, a chi non è mai capitato, almeno una volta, di trovarsi davanti ad una offerta che inizia normale, “Cercasi segretaria personale…”, per poi proseguire in maniera “anomala”, arrivando ad espressioni del tipo, ” dalla mentalità aperta e moderna” e che si conclude chiedendo di allegare “Foto in figura intera” (sottolineando che non saranno prese in considerazione i C.V. privi di tale “fondamentale” elemento). A volte, sono più subdoli perchè le richieste partono in un secondo momento, dopo che i sedicenti datori di lavotro sono stati contattati.

È  quanto accaduto ad un’altra mia carissima amica che, rispondendo ad un semplice annuncio, ha ricevuto la seguente replica: “Salve, il mio annuncio è ancora valido ed è rivolto alla ricerca di una segretaria part-time con buona dialettica, forte predisposizione alle P.R. ed una ottima presenza. Si richiede pratica computer, ambizione, elasticità, maturità e la disponibilità ad affiancarmi in brevi trasferte di 1/2 giorni circa tre volte al mese a Roma, Milano ed altre città del centro nord. E’ quindi una posizione particolare che richiederebbe anche precedenti esperienze di Hostess/Accompagnatrice. Non che siano indispensabili tali precedenti esperienze, ma Le è realmente chiara tale figura? Dovendo andar fuori assieme, infatti, occorre innanzitutto che si creino i presupposti per un buon feeling e simpatia. Io sono un consulente aziendale, ho circa 56 anni ed opero nel campo della promozione pubblicitaria e degli eventi. Se è interessata mi invii una conferma con CV ed una chiara foto intera”.

Potete immaginare la frustrazione e la rabbia della mia amica e, ovviamente anche la mia, davanti ad un simile messaggio. Bisognerebbe che venisse introdotta una legge ad hoc per limitare l’azione di questi esseri che, facendo leva sul bisogno di lavoro, diritto sancito dalla Costituzione italiana, ambisco a ben altro. È vero che ci viene lasciato il libero arbitrio di accettare o meno. Tuttavia, a chi non strumentalizza il proprio aspetto esteriore per trovare scorciatoie e facilitazioni di nessun tipo (moleste sessuali  che è giusto sottolineare non avvengono soltanto nel mondo dello spettacolo), indigna e  ferisce non poco. A tal riguardo, riflettendo su tutto ciò, non si potrebbe configurare qualcosa di assimilabile al cosidetto “Danno biologico”, inteso come lesione dell’interesse, costituzionalmente garantito, all’integrità psichica e fisica della persona (consistente nelle ripercussioni negative, di carattere non patrimoniale e diverse dalla mera sofferenza psichica, della lesione psicofisica) o anche al “Danno esistenziale” (ovverosia il cosiddetto danno alla vita di relazione ed i pregiudizi di tipo esistenziale concernenti aspetti relazionali della vita, conseguenti a lesioni dell’integrità psicofisica)?

Dimenticavo che siamo nel paese in cui (giusto per fare un esempio) con una sentenza del 10 febbraio 1999, la Cassazione ha sancito che con i jeans lo stupro diventa “consenziente”, annullando una condanna per violenza sessuale: la ragazza non si era opposta con tutte le forze, visto che lo stupratore era riuscito a sfilarle i jeans, indumento che – come tutti sanno – non è sfilabile “senza la fattiva collaborazione di chi lo porta”.

Semplicemente. vorremmo poter svolgere il nostro lavoro, se “meritiamo” di farlo (senza discriminazioni perchè siamo donne o senza facilitazioni per il medesimo motivo), preservando la nostra femminilità, sensualità, il nostro essere “dolcemente complicate, sempre più emozionate, delicate”.

In fondo, è la donna “l’altra metà del cielo”, sintesi perfetta fatta da Mao Tze-tung a cui – per par condicio – replica Groucho Marx, sostenedo che “le donne sono l’altra metà del cielo, quella nuvolosa”.

 

Rosy Merola

Rosy Merola

Definisco il mio percorso professionale come un “volo pindarico” dalla Laurea in Economia e Commercio al Giornalismo. Giornalista pubblicista, Addetta stampa, Marketing&Communication Manager, Founder di SinergicaMentis. Da diversi anni mi occupo della redazione di articoli, note e recensioni di diverso contenuto. Per il percorso di studi fatto, tendenzialmente, mi occupo di tematiche economiche. Nello specifico, quando è possibile, mi piace mettere in evidenza il lato positivo del nostro Made in Italy, scrivendo delle eccellenze, start-up, e delle storie di uomini e donne che lo rendono speciale. Tuttavia, una tantum, confesso di cadere nella tentazione di scrivere qualcosa che esula dalla sfera economico-finanziaria (Mea Culpa!). Spaziando dall'arte, alla musica, ai libri, alla cultura in generale. Con un occhio di riguardo nei confronti dei giovani esordienti e di quelle realtà che mi piace definire "startup culturali". Perché, se c'è una frase che proprio non riesco a digerire è che: "La cultura non dà da mangiare". Una affermazione che non è ammissibile. Soprattutto in Italia.