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Crowdfunding‬? Per Maurizio Imparato: «È una colletta evoluta»

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Il crowdfunding, letteralmente “finanziamento dalla folla” (dall’inglese crowd, folla e funding, finanziamento), è uno strumento che si propone di raccogliere fondi per il finanziamento di progetti lanciati su apposite piattaforme online. Per imparare a conoscere meglio questa forma di raccolta fondi, dal nome un po’ ostico, ci siamo rivolti a chi – da bravo “collaudatore di sogni”, lo spiega nel suoi corsi, ovvero a Maurizio Imparato, titolare Crowdfundingformazione.com

Cos’è il crowdfunding‬?
«La prima cosa che faccio quando apro i corsi sul crowdfunding‬ è dire: “Parliamo di colletta”. Il crowdfunding – in estrema sintesi – è una colletta evoluta, utilizzando mezzi informatici, quindi un computer e un video che racconta quella che è l’idea. Uno strumento che, nel 2013, ha permesso a numerose persone di realizzare dei progetti, grazie al supporto di altre persone. Se volessimo dare una dimensione economica, stiamo parlando di più di 5 miliardi di dollari. Ci sono enormi margini di sviluppo per questa attività».

Negli Stati Uniti, la realizzazione dei progetti attraverso lo strumento del Crowdfunding è una realtà. L’Italia come sta, invece, reagendo?
«In America è documentato che si tratta di una realtà efficace. Ma anche in Italia siamo avanti. E, all’interno dell’Italia, la Campania è molto sviluppata. Questo perché il Crowdfunding affonda in strumenti intrinseci nell’essere campano. Ad esempio, a Napoli, c’è la tradizione del “Caffe sospeso”. Tale realtà è un classico esempio in cui – chi lascia il caffè sospeso al bar – a voglia di condividere il proprio benessere con quello di qualcun altro. Quindi, anche se gli Stati Uniti la fanno da padroni su questo strumento, noi in Italia registriamo un grande fatturato su questo strumento».

Si può individuare una tipologia specifica di progetti che fa ricorso a tale strumento?
«Progetti di vario genere fanno ricorso al Crowdfunding. Si va, ad esempio, dal progetto di alcuni ragazzi di Ercolano, che hanno prodotto dei dadi da gioco di lava, realizzandoli attraverso una piattaforma americana, fino a delle persone che hanno utilizzato il Crowdfunding per realizzare un progetto per migliora delle attività nelle loro scuole».

Lei ha accennato, appunto, a delle piattaforme americane. Ma ci sono piattaforme “Made in Italy” che funzionano?
«Piattaforme italiane ce ne sono tante. In questo momento ce ne sono attive 26, sulla carta ce ne sono 40 e ciascuna ha un po’ di attività. La responsabilità di far crescere le piattaforme italiane sta più nelle persone che presentano poi i progetti, perché noi pensiamo che “l’erba del vicino è sempre più verde” e quindi preferiamo portare i nostri progetti su piattaforme americane, pensando che lì funzionino meglio. In realtà, la cosa importante è sicuramente utilizzare una piattaforma che ha una sua platea, ma soprattutto riuscire a coinvolgere una comunità».

Infine, il Crowdfunding rappresenta il futuro per il finanziamento dei progetti, anche rispetto a quello pubblico?
«Negli ultimi tre anni, tutti quelli che sono stati finanziamenti pubblici verso nuove imprese o anche attività esistenti sono tutte in decrescita. Il finanziamento attraverso questo strumento, tramite persone che aiutano altre persone, presenta una crescita a due cifre, di anno in anno. Nel 2012 era 2 miliardi di dollari, nel 2013 – con questo strumento – sono stati raccolti con questo strumento 5 miliardi di dollari, nel 2014 si stima che la cifra sfiorerà i 10 miliardi di dollari. Quindi, direi di sì. Questo è il futuro».

Rosy Merola – SinergicaMentis

Rosy Merola

Definisco il mio percorso professionale come un “volo pindarico” dalla Laurea in Economia e Commercio al Giornalismo. Giornalista pubblicista, Addetta stampa, Marketing&Communication Manager, Founder di SinergicaMentis. Da diversi anni mi occupo della redazione di articoli, note e recensioni di diverso contenuto. Per il percorso di studi fatto, tendenzialmente, mi occupo di tematiche economiche. Nello specifico, quando è possibile, mi piace mettere in evidenza il lato positivo del nostro Made in Italy, scrivendo delle eccellenze, start-up, e delle storie di uomini e donne che lo rendono speciale. Tuttavia, una tantum, confesso di cadere nella tentazione di scrivere qualcosa che esula dalla sfera economico-finanziaria (Mea Culpa!). Spaziando dall'arte, alla musica, ai libri, alla cultura in generale. Con un occhio di riguardo nei confronti dei giovani esordienti e di quelle realtà che mi piace definire "startup culturali". Perché, se c'è una frase che proprio non riesco a digerire è che: "La cultura non dà da mangiare". Una affermazione che non è ammissibile. Soprattutto in Italia.