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Da “Una vita sottile” di Chiara Gamberale

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Il fatto è che Pablo intuiva.
Quante volte, allora, prima d’allora e dopo d’allora, mi ero vomitata addosso alle persone per legarle a me, per ottenere consensi, per sfiducia nelle altrui facoltà di sentire l’essenziale senza capire che chi non lo percepisce non lo potrà cogliere neanche se esplicitato! Pablo non ha avuto bisogno di nessuna spiegazione.
Mi ha detto, una sera: «Io sono stanco del mondo, voglio farla finita» e io allora allora allora.
Gli è bastata una mia lacrima e ha deciso di amarmi per sempre. Gli è bastata una mia lacrima e non smetterà mai di dedicarmi le sue raccolte di poesie e i suoi racconti dolci e tristissimi. Gli è bastata una mia lacrima per credere di nuovo, una lacrima di un occhio vergine che non aveva idea di tutto il buio che lo aspettava, una lacrima che era paura e candore e inno alla vita.
Pablo ha infilato quella lacrima nella sua ferita ed è guarito e poiché la sua ferita era nell’anima è lì che mi serberà per sempre.
Anche se per anni ho avuto gli occhi aridi, anche se per mesi spesso non rispondo alle sue lunghe lettere o ai bastoncini d’incenso e agli ometti di legno che mi spedisce, anche se non mi sono mai messa lì a dipingergli tutto il mio dolore, Pablo sa. Spesso mi arrivano da lui buste completamente vuote o altre vuote e stropicciate, altre contenenti solo piccoli cigni di carta.
Mi chiama angelo, Elisewin, compagna di avventura, marinaio e qualche volta amore mio.
Per me lui è Pablo e basta.
La cosa che ho sempre trovato difficile è l’espressione.

Una vita sottile”, Chiara Gamberale