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Made in Campania: l’eccellenza e la raffinatezza della sartoria maschile

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Riflettori puntati sull’eccellenza, nell’ambito dell’alta sartoria maschile, rigorosamente Made in Sud e – nello specifico – Made in Campania. Il punto di forza di queste creazioni è l’artigianalità e l’insostituibilità del capitale umano impiegato nella realizzazione di ciascun capo. A questo si accompagnano raffinatezza, ricercatezza ed elegante estro campano. Connubio fra tradizione ed innovazione nei tessuti, nella sperimentazione di volumi, forme e colori. Emblema di uno stile di vita esportato ed adottato dai più importanti rappresentati del mondo politico, del jet set internazionale.

La moda è uno dei settori trainanti per l’economia della Campania. Infatti, fattura ben due miliardi e mezzo di euro l’anno e gl’oltre 100mila addetti nel settore se, accanto all’abbigliamento, si considerano anche l’indotto e il settore degli accessori, come scarpe e borse.

Giusto per citare alcuni degli ambasciatori del made in Campania che ci rappresentano in Italia e nel mondo: Attolini, Borrelli, Rubinacci, Recycled, Barba Napoli, Berti, Betwoin, Blaine, Braddock, Calabrese dal 1924, Campanile, Don Vanquisher, Dvalencia, Fashion Helmet, Finamore 1925 Napoli, Flannel Bay Napoli, Fratelli Peluso, One G, Gala Gloves, Germano, Harmont & Blaine sportswear, Isaia, Kiton, La Vera Sartoria Napoletana, Low Brand, Marinella, Maria Santangelo, Paolo Scafora Napoli, Marco Pescarolo Napoli, Mario Portolano, Reign, Salvatore Piccolo, Salvatore Santoro, Sartoria Partenopea, Sartorio, Zeroottouno, Zu + Elements.

Tutti brand che si collocano nella fascia alta di prodotto artigianale, che fatturano milioni di euro e che hanno saputo conquistare i mercati esteri. Per dare un idea più precisa, senza voler fare torto a nessuno ma, a volerli indicare tutti l’elenco sarebbe stato davvero lungo, ecco alcuni esempi:

KITON: Tre stabilimenti produttivi (lo storico ad Arzano e gli altri nell’ area parmense), tre linee di abbigliamento (uomo, donna e tempo libero), completate dalle linee maglieria, cravatte, calzature, profumi e occhiali, 561 dipendenti, un fatturato consolidato nel 2007, con le 12 controllate sparse nel mondo, di circa 75 milioni e una previsione 2008 di 84 milioni e non ultimo una scuola di alta sartoria all’ interno dell’ azienda per istruire i sarti del domani. Inoltre, dopo aver chiuso il 2012 con ricavi per 95 milioni di euro in aumento del 18,5 per cento rispetto all’esercizio precedente, nei primi 5 mesi del 2013, il fatturato dell’azienda aveva registrato un incremento del 15%.

ISAIA: Nel 2007 la maison di Casalnuovo ha raggiunto i 23,594 milioni di euro di fatturato, in crescita del 21% sul 2006, e ora, sotto la guida del Ceo Giovanni Mannucci, ha avviato un processo di internazionalizzazione. Al momento infatti l’90% del fatturato è riconducibile ai mercati esteri, con gli Stati Uniti che assorbono il 50% dell’export. E la sua ascesa continua, con oltre duecento dipendenti, il fatturato – nel 2013 – ha toccato quota 35 milioni e mezzo di euro.

BARBA NAPOLI: Arzano, a Nord di Napoli. Seimilacinquecento metri quadrati in cui 105 addetti alla produzione. Si contano infatti più di 200 negozi in tutta Italia e oltre 500 nel mondo per un fatturato 2005 pari a 8,5 milioni di euro. Il 60 % conseguito sul mercato nazionale, il rimanente su quelli esteri. Attualmente il fatturato annuo si è assestato intorno ai 15 milioni.

E.MARINELLA S.r.l.: Un brand storico, emblema della cravatta in tutto il mondo. Così, Marinella si appresta – il prossimo 26 giugno – a compierà 100 anni. L’impresa fattura circa 17 milioni di euro ed impiega 42 dipendenti, con valori che negli ultimi 10 anni sono cresciuti di circa il 10% l’anno. Il 95% del fatturato è conseguito in Italia, per lo più attraverso il canale diretto per cui i clienti sono i consumatori stessi, tranne per qualche quasi irrilevante eccezione (1% di negozi stranieri o società di eventi). I ricavi sono generati per il 60% dalle cravatte, prodotte direttamente nei laboratori aziendali, e per il 40% da altri prodotti di abbigliamento e accessori (quali capispalla, maglieria, orologi, scarpe, profumi), che crescono continuamente per tipologia e per incidenza sul volume di affari, a testimonianza della forza del brand.

I numeri dell’indotto moda campano giustificano il soffermarci sul mondo trasognante di moderni Cary Grant. Ma non è l’unica motivazione. Vi era anche la necessità di soddisfare un bisogno di riscatto dai soliti stereotipi che troppo spesso, è proprio il caso di dirlo, ci vengono cuciti addosso. Bisogno di parlare di esempi positivi di persone che, in molti casi, da generazioni investono risorse, energie e tanto coraggio in un territorio non certo semplice da gestire. A frenare progetti interessanti sono state spesso le carenze infrastrutturali, piuttosto che l’assenza di figure professionali adeguate, la criminalità organizzata, la mancanza di politiche fiscali ad hoc. Basti pensare che negli ultimi due anni la Regione Campania ha dovuto fare i conti con una delle aliquote IRAP più alte in Italia, la quale potrebbe subire un ulteriore innalzamento il prossimo anno. Inoltre, come già affermato in altre occasioni, occorrerebbe che venissero ridotti gli oneri fiscali.

Tutti questi imprenditori avrebbero potuto decidere di operare in altri luoghi più favorevoli al loro volume di affari. La spiegazione delle loro scelte si evince dalle loro interviste e dalle pagine accattivanti e patinate dei loro siti web: piedi ben piantati nella loro terra di origine, espressione del grande valore che si attribuisce alla famiglia, alla tradizione. Radici da cui traggono la linfa vitale che fa pulsare il cuore, indispensabile per mettere in circolo tutta la passione e l’estro campano. Infine, lungimirante sguardo proiettato verso orizzonti lontani, nuovi mercati da conquistare o da rafforzare: sempre e comunque Cosmopolita-Campano.

(Foto: thenewtendence.com)

Rosy Merola – SinergicaMentis

Rosy Merola

Definisco il mio percorso professionale come un “volo pindarico” dalla Laurea in Economia e Commercio al Giornalismo. Giornalista pubblicista, Addetta stampa, Marketing&Communication Manager, Founder di SinergicaMentis. Da diversi anni mi occupo della redazione di articoli, note e recensioni di diverso contenuto. Per il percorso di studi fatto, tendenzialmente, mi occupo di tematiche economiche. Nello specifico, quando è possibile, mi piace mettere in evidenza il lato positivo del nostro Made in Italy, scrivendo delle eccellenze, start-up, e delle storie di uomini e donne che lo rendono speciale. Tuttavia, una tantum, confesso di cadere nella tentazione di scrivere qualcosa che esula dalla sfera economico-finanziaria (Mea Culpa!). Spaziando dall'arte, alla musica, ai libri, alla cultura in generale. Con un occhio di riguardo nei confronti dei giovani esordienti e di quelle realtà che mi piace definire "startup culturali". Perché, se c'è una frase che proprio non riesco a digerire è che: "La cultura non dà da mangiare". Una affermazione che non è ammissibile. Soprattutto in Italia.