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Settore Profit e non Profit a confronto

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Il sistema economico, in rapporto all’esistenza di diverse categorie di fornitori di beni o servizi, comprende tre soggetti che, a loro volta, offrono specifiche tipologie di beni: il primo settore o settore for profit che offre beni o servizi privati; il secondo settore – lo Stato – che offre servizi o beni pubblici; il terzo settore o settore non profit che offre beni o servizi relazionali.

L’evoluzione, in Italia, di enti ed organizzazioni che operano nel sistema economico con finalità diverse dall’arricchimento dei loro dirigenti o dei loro finanziatori non è una novità degli anni recenti. La storia del sistema  “non profit” è legata alla realtà statunitense, che ne ha anticipato l’introduzione in Europea.

Negli Stati Uniti, fino agli anni ’50, il settore non profit era considerato come un’istituzione tradizionalmente caritatevole che sopravviveva grazie a contributi filantropici, sui quali si focalizzava la teoria economica. Negli anni ’60, il carattere del settore non profit è cambiato notevolmente, assumendo una struttura e una serie di servizi importanti per la politica pubblica. Questo processo evolutivo ha determinato importanti cambiamenti nell’industria sanitaria, liberando – a partire dal 1965 – gli ospedali non profit dai contributi caritatevoli.

Per quanto concerne l’Italia, nonostante la presenza nella nostra Carta Costituzionale di uno specifico articolo volto alla valorizzazione dell’esperienza cooperativa (primo comma dell’articolo 45: «La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità».), le iniziative non profit si sono sviluppate, soprattutto,  tra gli anni ’70 e ’80.

In genere, queste esperienze sono state considerate eccezioni in un mondo in cui si è affermato il modello dell’impresa for profit, vale a dire dell’attività economica che ha come obiettivo la massimizzazione dei profitti privati e che, allo stesso tempo, permette – attraverso la sua efficienza – una crescita economica e uno sviluppo tecnologico che andrebbero a beneficio di tutti. L’alternativa più importante all’affermazione del sistema dell’impresa for profit è stata quella caratterizzata dall’intervento economico dello Stato, con l’argomento principale che, quest’ultimo, rappresenta l’interesse generale contrapposto agli interessi particolare dei privati.

La presenza di un terzo settore è tradizionalmente giustificata dai casi di fallimento dello Stato e del mercato. Infatti, il terzo settore opera là dove Stato e mercato non sono in grado di operare, ricavandosi così una nicchia di mercato nel sistema istituzionale. Tale visione relega il settore non profit ad un ruolo di tipo residuale. Tale visione del terzo settore parte dal presupposto che lo Stato tende a fornire solo quei beni pubblici che soddisfano l’elettore medio e che esiste, quindi, una serie di bisogni insoddisfatti. Alla luce di ciò, compito delle organizzazione non profit sarebbe, appunto, quello di soddisfare la sopraindicata domanda, fornendo beni pubblici complementari a quelli offerti dal governo.

 

COME SI POSSONO DEFINIRE LE ORGANIZZAZIONI NON PROFIT?

Si può definire un’organizzazione non profit come un insieme di individui che si associano per una delle seguenti finalità:

  • Svolgere una funzione pubblica delegata dallo Stato;
  • Svolgere una funzione pubblica per la quale c’è una domanda che né lo Stato, né il settore for profit sono disposti a trattare.
  • Influenzare la direzione della politica nello Stato, nel settore for profit e nelle altre organizzazioni non profit.

Inoltre, le organizzazioni non profit possono essere classificate in base al modo in cui vengono finanziate:

  • Donazioni, in gran misura fornite da singoli cittadini.
  • Commerciale, tramite pagamento dei clienti o di istituto assicurativo.

La tendenza nell’ultimo secolo è stata la trasformazione del finanziamento basato sulle donazioni in quello di tipo commerciale. Questo cambiamento si è reso evidente, in particolar modo, nelle istituzioni che operano in ambito sanitario.

In molti paesi – anche in Italia -, il settore non profit è una realtà significativa. Si presenta come la proposta di una logica alternativa al sistema tradizionale. Nel confrontarsi con l’economia dominante dimostra di essere sufficientemente solido, anche in relazione alla teoria economica, che ritiene che il sistema funzioni sulla base dell’interesse privato. L’impresa non profit, a differenza di quella for profit, non ha bisogno di raggiungere il massimo profitto. Può continuare a produrre fin quando il prezzo del bene o del servizio copre il suo costo medio di produzione, compreso l’utile necessario per ampliare e rafforzare l’attività. L’impresa che massimizza i profitti, invece, produrrà, solo beni presi singolarmente garantiscono un margine di profitto. In condizione di concorrenza effettiva, se i consumatori o gli utenti fossero davvero “liberi di scegliere”, l’impresa non profit sarebbe in grado di produrre di più, di soddisfare una domanda maggiore di quella for profit e anche una domanda di beni o servizi che non danno profitti in termini monetari.

PROFIT E NON PROFIT NELLE STRUTTURE OSPEDALIERE

Lo sviluppo dei modelli economici si è concentrato quasi esclusivamente sugli ospedali, in ragione della loro unicità rispetto a qualsiasi altra tipologia di servizi. Le caratteristiche del settore sanitario sono:

  • L’asimmetria informativa medico-paziente. Questa disparità di informazione è molto più sentita in ambito sanitario a causa della componente emotiva del paziente legata al risultato della prestazione. La relazione medico-paziente è ritenuta per molti fondamentale. Sotto questa prospettiva, una politica di semplice perseguimento del profitto è vista in maniera antitetica al rapporto che il paziente richiede al medico. Questo contrasto ha introdotto la necessità di una ridefinizione del ruolo del medico, riportandolo ad una dimensione più etica e meno legata alla retribuzione.
  • La complessità della scienza medica e le diversità esistenti tra i servizi offerti in ambito sanitario rendono difficile delineare con chiarezza il ruolo delle organizzazioni non profit.

Così, in politica sanitaria, al fine di garantire una adeguata gestione delle cure mediche, è fondamentale soddisfare tre punti essenziali:

  1. Limitare il costo del trattamento;
  2. Raggiungere una sufficiente qualità dei servizi;
  3. Favorire l’accesso alle cure.

Le strutture di tipo for profit e non profit devono porsi entrambe come obiettivo la realizzazione di questi tre punti.

 

IL COSTO DEL TRATTAMENTO

Due serie di studi empirici sono state condotte sulla relazione esistente tra la tipologia della struttura che fornisce il servizio e il costo del servizio stesso. In particolare, una serie di studi riguarda le case di cura a lunga degenza, l’altra gli ospedali con prevalenza di ricoveri a breve durata. Negli studi sulle case di cura a lunga degenza confrontando i costi tra le istituzioni for profit e non profit, si è arrivati ad una comune conclusione: tenendo conto delle caratteristiche del paziente ed il tipo di servizi forniti le for profit hanno in media un costo inferiore dal 5 al 15% rispetto alla controparte non profit. Al contrario, le indagini svolte sul breve periodo di degenza hanno dimostrato una relativa omogeneità riguardo ai costi. Tali studi indicano, inoltre, che la differente tipologia di struttura economica influenza il costo dei servizi, soprattutto nelle istituzioni in cui la figura professionale non è rilevante. Al contrario, nelle istituzioni dove la figura professionale è più importante non si rilevano differenze sostanziali in termini di costo tra le strutture for profit e quelle non profit. Ciò suggerisce che la necessità di un adeguato livello professionale sostituisce l’esigenza per le strutture for profit di ridurre i costi.

LA QUALITÀ DEI SERVIZI

Le valutazioni sulla qualità delle cure indicano come fondamentale il ruolo del medico. Nei servizi nei quali la professionale del medico è messa in secondo piano si rilevano differenze sostanziali tra la qualità del servizio fornito da strutture non profit e for profit, riscontrando in quest’ultime una qualità minore. Al contrario, nei servizi che dipendono direttamente nel grado di professionalità del medico non esistono differenze sostanziali fornite dalle due tipologie di istituzioni. Risulta per altro difficile quantificare i termini di questa differenza di qualità, in ragione della differenza esistente tra i vari tipi di servizi offerti in ambito medico. I risultati pongono le istituzioni for profit come le più rappresentative tra quelle che forniscono o servizi a più bassa qualità.

 

ACCESSO ALLE CURE

Storicamente le istituzioni for profit sono sempre state sospettate di curare unicamente i pazienti che assicuravano un più ampio margine di guadagno. La discriminazione dei pazienti meno remunerativi in favore di pazienti più redditizi è stata “scrematura”. La ricerca del profitto induce le strutture for profit a selezionare i propri pazienti e ad interrompere quei servizi che risultano sfavorevoli dal punto di vista del profitto.

Anche le strutture non profit selezionano accuratamente i loro pazienti. Al loro interno si può rilevare una tendenza ad indirizzare i pazienti indigenti verso le strutture statali. Questo dimostra come il fenomeno della “scrematura” è presente anche negli istituti non profit, in conseguenza della possibilità di evitare pazienti “indesiderati” grazie alle strutture pubbliche.

Il controllo dell’accesso alle cure viene effettuato sia non profit, quindi il tipo di struttura non influenza l’esistenza di una selezione dei pazienti, ma ne influenza la natura e le dimensioni. La selezione può avvenire in base a vari obiettivi organizzativi come la necessità di un profitto o di un miglioramento dello status come istituzione di ricerca o di insegnamento.

Gli istituti di cura possono evitare pazienti a basso margine di guadagno in tre modi:

  • La struttura può essere situata in una zona lontana dalle aree a basso reddito. In base a questo metodo di scrematura, le zone più ricche dovrebbero essere preferite a quelle a basso reddito. Gli istituti, quindi, sono localizzati nelle aree ad alto reddito pro capite e dove la copertura assicurativa è più estesa. In queste zone, tuttavia, devono fornire una quantità di servizi più ampia rispetto a quelli forniti nelle zone indigenti.
  • L’istituto può decidere di non fornire quei servizi utilizzati più spesso da pazienti non assicurati o indigenti (ovvero i servizi che non sono rimborsati dalle assicurazioni o che sono coperti solo in minima parte). I servizi non rimborsati e poco forniti sono – ad esempio –, la consulenza telefonica o l’assistenza giornaliera casalinga. Le strutture for profit tendono ad evitare di fornire questi servizi molto più spesso di quanto non facciano le non profit.
  • Il ricovero dei pazienti che non sono in grado di pagare può essere controllato attentamente ed eventualmente scoraggiato. Questo monitoraggio può essere fatto con un test al momento del ricovero o evitando di offrire i servizi con costi proporzionati alle varie fasce di reddito e, di fatto, escludendo i pazienti con pochi mezzi economici. Gli istituti for profit tendono a seguire questa strada con l’adozione di test di ammissione e la mancanza della fornitura di servizi a basso costo.

I risultati di studi statistici dimostrano, quindi, che le strutture for profit sono più propense all’utilizzo di questi metodi per la “scrematura”, ed inoltre non ci sono differenze legate alla valenza della figura del medico.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Tali risultati suggeriscono che la tipologia economica riesca ad influenzare le prestazioni della struttura. Le differenze in termine di costo e di qualità delle cure risultano più evidenti nelle strutture nelle quali la figura professionale del medico gioca un ruolo minore.

Le istituzioni di tipo for profit selezionano i pazienti in base alla loro capacità di affrontare le spese mediche, evitano di offrire i servizi maggiormente utilizzati dai pazienti indigenti, si collocano in aree con un alto reddito pro capite, si informano sullo stato assicurativo del paziente prima di dispensare il servizio. Non offrono tariffe differenziate in base al reddito. Questo tipo di struttura tende ad evitare il ricovero di pazienti ad alto costo o con minore possibilità di profitto.

Anche le strutture non profit tendono, comunque, a regolare la fornitura dei loro servizi, amministrando l’accesso alle cure mediche. Queste istituzioni mostrano una disponibilità alla fornitura di cure mediche sicuramente più limitata rispetto alle strutture pubbliche.

A tal riguardo, i sistemi di pagamento  – quali i DRG –, sono stati ideati specificamente per incoraggiare gli istituti a specializzarsi nelle cure che forniscono e questo li porta a scegliere accuratamente i pazienti da trattare. Gli ospedali sono liberi di scegliere di trattare solo pazienti a basso costo e senza patologia complicate. La presenza di un pagamento in prospettiva spinge le strutture, qualunque sia la sua tipologia economica, a preferire i pazienti più “redditizi”.

La pratica della “scrematura” si impone, quindi, sia tra le strutture profit che non profit, anche se – naturalmente – risulterà più evidente nelle istituzioni che ricercano il profitto. I pazienti scartati sono indirizzati verso le strutture pubbliche e questo comporta un aumento della spesa per le istituzioni statali, creando l’impressione di una minore efficienza rispetto al corrispondente privato. La diminuita fiducia nel settore pubblico potrebbe portare alla chiusura degli ospedali statali, limitando di conseguenza l’accesso alle cure mediche per determinate categorie di pazienti. Diventa evidente la necessità di proteggere il settore pubblico, che in molte zone assicura un limitato ma indispensabile accesso alle strutture sanitarie. A lungo termine, una prevalenza del settore privato sul pubblico può far sopravvalutare la necessità di discriminare i pazienti il cui trattamento si presenta particolarmente oneroso. Si viene a creare, quindi, un’evidente disparità tra gruppi di persone in base alla loro possibilità di accedere alle cure mediche.

 Alla luce di ciò, sembra inappropriato mettere in relazione la tipologia economica del servizio con il raggiungimento di obiettivi di importanza sociale. Sia le istituzioni profit che non profit hanno, in maniera differente, raggiunto obiettivi sociali importanti. L’ingresso delle istituzioni for profit ha reso disponibili servizi che altrimenti sarebbero stati troppo limitati per far fronte alle crescenti necessità.

La tipologia non profit ha fornito un mezzo per distribuire servizi in maniera innovativa e rendere accessibili strumenti di cura a persone che non sarebbero state in grado di affrontare costose spese mediche. La necessità di fornire cure di qualità e ad un costo ragionevole non si risolve con l’eliminazione di una forma economica in favore dell’altra. È comunque evidente una differenza di prestazione tra i servizi forniti dal settore for profit e quello non profit. Il passaggio da una tipologia meno efficiente ad una più efficiente consente di ridurre i costi. In un sistema nel quale gran parte dei consumatori rimane sostanzialmente disinformato riguardo alle possibilità di trattamento ed alla qualità delle cure che ricevono, la minaccia di  un taglio della qualità in favore degli interessi dell’istituzione appare reale ed importante.

Allo stesso modo, sebbene esistano differenze di costo fino al dieci per cento tra fornitori profit e non profit, non consentire ad una delle due tipologie di fornire l’offerta di alcuni servizi avrebbe solo un piccolo effetto dell’aumento crescente delle spese mediche.

In conclusione, sembra che non ci siano differenze sostanziali per i pazienti nelle cure fornite dagli ospedali profit e non profit.

Rosy Merola – Founder SinergicaMentis

Rosy Merola

Definisco il mio percorso professionale come un “volo pindarico” dalla Laurea in Economia e Commercio al Giornalismo. Giornalista pubblicista, Addetta stampa, Marketing&Communication Manager, Founder di SinergicaMentis. Da diversi anni mi occupo della redazione di articoli, note e recensioni di diverso contenuto. Per il percorso di studi fatto, tendenzialmente, mi occupo di tematiche economiche. Nello specifico, quando è possibile, mi piace mettere in evidenza il lato positivo del nostro Made in Italy, scrivendo delle eccellenze, start-up, e delle storie di uomini e donne che lo rendono speciale. Tuttavia, una tantum, confesso di cadere nella tentazione di scrivere qualcosa che esula dalla sfera economico-finanziaria (Mea Culpa!). Spaziando dall'arte, alla musica, ai libri, alla cultura in generale. Con un occhio di riguardo nei confronti dei giovani esordienti e di quelle realtà che mi piace definire "startup culturali". Perché, se c'è una frase che proprio non riesco a digerire è che: "La cultura non dà da mangiare". Una affermazione che non è ammissibile. Soprattutto in Italia.