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Stay Human: di Economia, Etica e sciocchezze varie

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Come aveva affermato il prof. Federico Caffè: «Al posto degli uomini abbiamo sostituito i numeri e alla compassione nei confronti delle sofferenze umane abbiamo sostituito l’assillo dei riequilibri contabili». L’economia, anche in questo caso termine di etimologia greca – οἶκος (oikos), “casa” inteso anche come “beni di famiglia”, e νόμος (nomos), “norma” o “legge” –, nasce e dovrebbe (il condizionale è sempre d’uopo) mirare ad un’efficiente allocazione delle “scarse” risorse economiche (e non) al fine di massimizzarne il loro utilizzo. Massimizzazione che, con il progresso, si è sempre più concentrato sul perseguimento del benessere dell’individuo ottenuto esclusivamente dall’utilità e dal profitto, piuttosto che nel miglioramento del benessere dell’umanità.

La perdita di vista della centralità del bisogno dell’uomo, non soltanto in termini meramente economici, fece sorgere in alcuni economisti l’esigenza di riportare il discorso economico su un altro piano, anche etico. E così, sintetizzando, si comincia a parlare di economia del benessere (che diventa una vera e propria branca dell’economia), a sua volta messa in discussione dal Premio Nobel Amartya Sen, che ha proceduto ad una rivisitazione dell’intera economia del benessere, riponendo al centro un “fattore” che – fino a quel momento – non era stato preso in considerazione, ovvero quello umano.

Per Sen, infatti, la teoria economica ha dimenticato la natura umana su cui si fonda. E lui, in un lungimirante scritto del 1987 (Etica e Economia) sosteneva – tra le altre cose – che occorreva riportare, avvicinare l’economia alle persone reali. Invece, come evidenzia la crisi del 2008, si ci è allontanati dall’economia reale, per diventare economia di “carta”, i prodotti della moderna ingegneria finanziaria, “armi di distruzione di massa”. Il “peccato originale”, da cui poi si è innescata una “reazione a catena”che è deflagrata in quella che, da alcuni, è stata definita la madre di tutte le crisi.

Per questo, citando ancora Caffè: «È tempo che gli economisti, per esigua che possa essere la loro voce, non si limitino ad analizzare a posteriori il susseguirsi di “crolli sconvolgenti”, ma dissocino a priori la loro responsabilità, con il documentare i costi sociali del mercato di borsa. Nelle condizioni odierne di estesa concentrazione del potere economico e finanziario, esso non è strumento di vigore competitivo e di allocazione efficiente del capitale monetario; bensì strumento di un complesso intreccio di manovre e strategie, prive di ogni connessione con la logica di un’economia di mercato e rese possibili dalle deformazioni che essa ha subito con l’affermarsi di una configurazione storica del capitalismo, ormai anacronistica».

Così, senza un’inversione di tendenza, non si potrà che peggiorare. Poiché abbiamo già toccato il fondo, cominceremo a scavare.

Stay Human.

Rosy Merola

«Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni.
Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, nè i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.
Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta».

(Robert Kennedy)

Rosy Merola

Definisco il mio percorso professionale come un “volo pindarico” dalla Laurea in Economia e Commercio al Giornalismo. Giornalista pubblicista, Addetta stampa, Marketing&Communication Manager, Founder di SinergicaMentis. Da diversi anni mi occupo della redazione di articoli, note e recensioni di diverso contenuto. Per il percorso di studi fatto, tendenzialmente, mi occupo di tematiche economiche. Nello specifico, quando è possibile, mi piace mettere in evidenza il lato positivo del nostro Made in Italy, scrivendo delle eccellenze, start-up, e delle storie di uomini e donne che lo rendono speciale. Tuttavia, una tantum, confesso di cadere nella tentazione di scrivere qualcosa che esula dalla sfera economico-finanziaria (Mea Culpa!). Spaziando dall'arte, alla musica, ai libri, alla cultura in generale. Con un occhio di riguardo nei confronti dei giovani esordienti e di quelle realtà che mi piace definire "startup culturali". Perché, se c'è una frase che proprio non riesco a digerire è che: "La cultura non dà da mangiare". Una affermazione che non è ammissibile. Soprattutto in Italia.