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Vinicio Capossela, esce domani il nuovo album “Canzoni della Cupa”

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Domani, venerdì 6 maggio esce “CANZONI DELLA CUPA” (La Cùpa/Warner Music), il nuovo disco di VINICIO CAPOSSELA, un’opera originale su cui l’artista ha lavorato per 13 anni e che arriva a 5 anni di distanza dal suo ultimo album di inediti.

Il giorno seguente, sabato 7 maggio, a partire dalle 16,30, il disco sarà presentato proprio nelle terre in cui è nato e cresciuto: sarà infatti la Stazione Ferroviaria sospesa di Conza-Andretta-Cairano, già palcoscenico indimenticabile degli ultimi Sponz Fest, lo scenario in cui Vinicio Capossela presenterà il suo nuovo lavoro.

A fare da battesimale a questo doppio disco tra queste terre nato e cresciuto per 13 anni, abbiamo pensato a un luogo che unisce diversi paesi – scrive lo stesso Capossela per presentare l’appuntamento di Conza – in cui ugualmente affondano le radici di questi canti. Abbiamo pensato alla stazione di Conza-Andretta-Cairano, per rinnovare l’attenzione sulla linea ferroviaria tecnicamente sospesa e per ricordarci che la ferrovia ha unito le genti più ancora che separarle. E poi perché a conclusione di questi solchi c’è un brano che si chiama “Il treno”. Il treno che come un uccello è arrivato, ha aperto le ali e si è inghiottito i cristiani.  Queste “Canzoni della Cupa” sono un po’ come quei binari, hanno ancora dentro l’eco delle genti e rinnovano il sogno del treno, incarnazione di quel senso dell’avventura che accompagna e incendia le nostre esistenze. Il luogo è tecnicamente sospeso, ma praticamente abbandonato. A noi sta restituirlo all’uso, trasformare il vuoto in risorsa anziché degrado. A questo siamo necessari. Per questo vi invitiamo di nuovo sul luogo del delitto degli scorsi Sponz Fest: questa stazione così bella e così difficile, come la terra sulla quale ha imbullonato i binari, nella convinzione che c’è un premio alla scomodità e alla fatica di arrivarci. L’identità spesso si realizza nei luoghi costruiti per negarla. Le stazioni sono tra questi. Il premio è in quel ritrovamento di parti di noi stessi che pensiamo tecnicamente sospese. Vi aspettiamo, sabato 7 maggio, pronti a riempire il vuoto di tutto quello che avete da metterci”.

“Canzoni della Cupa” è composto da due lati, Polvere e Ombra. Dalle parole dello stesso Capossela, il lato della Polvere è fatto di canzoni esposte al secco, al lavorio della polvere e della terra in cui affondano le radici questi canti. Il lato in Ombra è quello dei presagi e dell’inconscio, degli uccelli che volano la notte, del racconto che desta meraviglia e inquietudine.

Un disco espressione di un mondo folclorico, rurale e mitico e al quale hanno preso parte diversi artisti, in un ideale raccordo tra due mondi, quello che racconta la grande frontiera, incarnato da artisti come Flaco Jimenez, Calexico, Howe Gelb e Los Lobos, e quello rappresentato da voci e strumenti che del canto della terra hanno esperienza, come Giovanna Marini, Enza Pagliara, Antonio Infantino, la Banda della Posta, Francesco Loccisano, Giovannangelo De Gennaro, senza dimenticare altri straordinari musicisti come Victor Herrero, Los Mariachi Mezcal, Labis Xilouris, Albert Mihai e tanti ancora. 

Il disco è prodotto artisticamente dallo stesso Capossela insieme a Taketo Gohara e Alessandro “Asso” Stefana.

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Dal 6 maggio, giorno di uscita del disco, Capossela sarà in tutta Italia per presentare l’album. Queste tutte le date:

Venerdì 6 maggio – BARI (ore 18:30 – La Feltrinelli – via Melo, 119)
Sabato 7 maggio – CONZA (ore 16.30 – Stazione Ferroviaria di Conza-Andretta-Cairano)
Domenica 8 maggio – MILANO
(ore 17:00 – La Feltrinelli – Piazza Piemonte) 
Lunedì 9 maggio – LIVORNO (ore 21:00 – La Feltrinelli – via di Franco, 12)
Martedì 10 maggio – GENOVA (ore 18:30 – La Feltrinelli – via Ceccardi, 16)
Mercoledì 11 maggio – TORINO (ore 18:30 – La Feltrinelli –  Stazione Porta Nuova) 
Giovedì 12 maggio – FIRENZE (ore 18:30 – La Feltrinelli RED – Piazza della Repubblica)
Venerdì 13 maggio –  ROMA (ore 18:30 – La Feltrinelli – via Appia Nuova, 427) 
Sabato 14 maggio – NAPOLI (ore 18:00 – La Feltrinelli – Piazza dei Martiri) 
Venerdì 20 maggio – BOLOGNA (ore 18:30 – La Feltrinelli – Piazza Ravegnana.

Alla pubblicazione di “Canzoni della Cupa” seguirà un tour estivo in tutta Italia(organizzato da F&P Group).

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Canzone della cupa track by tra

Polvere

Polvere è la schiuma della terra, terra seccata dal sole, dal vento, dal tempo. Ma polvere è anche humus, umano, la polvere che ci ha originato e a cui torneremo. Polvere sono le radici, effimere, che ci legano alla terra. Queste canzoni sono esposte al secco, al lavorio della polvere, ma sono anche la terra in cui affondano le radici di questi canti.

Femmine

Canto di lavoro di tabacchine raccolto dalla voce della signora Addolorata Lia in Patù. Ricordo dei tempi in cui quel lavoro praticava, rimodulato sulla scorta dei canti di lavoro e prigione delle registrazioni di Alan Lomax. Il mondo delle raccoglitrici di tabacco che tanto ricorda il cotone della cultura dei neri d’America per la fatica e l’abuso, ha di suo la licenziosa malizia.

Il lamento dei mendicanti

Blues arido, di siccità, di fame e sete. Il primo pezzo ascoltato di Matteo Salvatore, il grande cantore dell’ingiustizia e dello sfruttamento nel mondo del latifondo meridionale degli anni ‘50. Un canto che si porta dietro le pezze, gli stracci, i sonagli di quei mendicanti a cui Camporesi ha dato solenne veste nel suo libro dei vagabondi.

La padrona mia

La padrona del mio cuore, ma anche la signora della massaria, figura con molte variazioni in diverse ballate a sonetto. Sempre troneggia nella sua femminilità inaccessibile e dirompente. Questa versione prende la prima strofa dalla forma popolare e poi si avventura tra l’elaborazione dell’autore e quella di Canio Vallario, maestro B’llino.

Dagarola del Carpato

Storia cantata raccolta dalla memoria della signora Di Guglielmo. Un’eroina, una donna fedele questa Teodora che il dialetto del paese rimodula in Dagarola. Commovente ritratto di donna innamorata che pazza di dolore si aggira sola, in orari in cui nessuno può vederla. Come vacca scampanata, come animale senza gregge, ha per unico conforto la supplica alla Vergine Incoronata. Il suono sferragliante, il timbro unico del western calitrano, è quello della Banda della Posta in esecuzione corale con voce tutelare di Giovanna Marini.

L’acqua chiara alla fontana

Ballata d’ispirazione semi trobadorica, ispirata al sonetto in uso a Calitri “Il nobile cavaliere”. Una fonte, un’acqua chiara, virginale, alla fontana. Un adescamento al suono dei marenghi d’oro, monete di altro tempo. Una storia di contrattazione d’amore che non manca di grazia e di terragna, popolana, carnalità. I toni cavallereschi sono anche nell’arrangiamento da ballata antica, provenzale, dei due violinisti francesi che l’hanno interpretata all’istante.

Zompa la rondinella

Ballata spontanea e viaggiante a cui in “cumversazione” ognuno aggiunge strofe diverse. Vi figura un certo Pescatamonte, prete senza vocazione, di carattere rissoso, che meritò lo stortonome dai “peccata mundi” che recitava sull’altare, e da quelli per cui aveva inclinazione nella vita. C’è il suono di altre fontane e piscioli, e soprattutto una certa Filomena, che per sè combina i guai, e a noi lascia la pena, ma ugualmente, “stringiamoci un’altra volta e diamogli fuoco al treno”.

Franceschina la calitrana

Le strofe riecheggiano dai tempi della costruzione della ferrovia, impresa seguente all’Unità d’Italia. Ancora portano per aria la forza di seduzione di questa popolana, “amica” d’ingegneri e capocantieri. I manovali che intanto “stanno sempre là”, esclusi tanto dal profitto quanto dal piacere, danno un tono epico–sindacale al brano.

Sonetti

Il sonetto è canto spontaneo a forma fissa, in metrica e melodia. È patrimonio vasto come un giacimento a cui ognuno ha aggiunto una strofa. Qui si riprende la forma melodica e una selezione di strofe che insieme compongono una storia d’amore; un amore bramato a cui per orgoglio, paura e avventura, non si è più trovata la strada per tornare.

Faccia di corno

Due sono i modi della serenata portata al balcone di notte: i rispetti e i dispetti. Le strofe possono esaltare l’amata o denigrarla, ingiuriarla, quando il frutto del sentimento si è marcito. Questa specie di canto a stornello riprende alcune delle strofe dello straordinario patrimonio delle serenate a ingiuria, che per il resto, parlano da sé.

Pettarossa

Lo stortonome della protagonista deve più alla generosità del petto che al colore del pettirosso. La forsennata canzone riecheggia nel testo di frammenti di figure tramandate nei sonetti e ha anch’esso il carattere dell’ingiuriata a dispetto.

Faccia di corno – L’aggiunta

Come uno che dopo essersi sfogato al vento riprende la via di casa, ma ancora sente di non averne dette abbastanza: ecco l’aggiunta. Altre strofe sotto la finestra a dispetto, alcune di carattere metafisico, come la pertica lunga, che a piegarla ne viene un ponte, sotto il quale può passare il vero amante. Diverse le ingiurie, stesso, momentaneo, finale:  “Dal mio cuore ora, per sempre tu, te ne sei uscita”.

Nachecici

Versione “ranchera” de “I Maccheroni “, di Matteo Salvatore, capolavoro dinamitardo esistenzialista-paesano in cui troneggia il verso definitivo: chi muore muore, chi campa campa e un piatto di maccheroni con la carne.

Lu furastiero

Il campo raso dalla mietitura, i covoni, il vento. Il mietitore stagionale venuto da fuori, forestiero, che tutto quello che possiede si porta addosso. Il riposo di questo forestiero abbandonato al sonno sul cuscino della sua “sacchettola”, è un capolavoro lirico di Matteo Salvatore, qui transumato all’italiano.

Rapatatumpa

Versione de i “Proverbi paesani “di Matteo Salvatore, vademecum di saggezza e cinismo popolare. Il trapatatumpa simula la rullata del tamburo del banditore nell’accidia del pomeriggio. La sequela di queste strofe, nere come una pittura di Goya, fa da mantello alla sfilata della Morte. Una morte dentro la vita stessa, in cui anche il tempo ha bisogno di essere ammazzato. Il suono allucinato dei tamburi in questa versione viene da Tricarico, dallo straordinario plotone di ragazzi che seguono il maestro-profeta Antonio Infantino.

La lontananza

Quando si è lontani e soli, sperduti dietro alle greggi nella notte, quello che fa più paura non è il vento, non è il tuono, non è la tempesta o la penuria. È la lontananza. La lontananza il maggiore dei mali, nel nostro vivere, filo teso tra chi amiamo e chi ci ama.

La notte è bella da soli

Quando tutti se ne sono andati, o dormono per sempre, un solitario cantore nel paese abbandonato. Lo scalpiccio dei passi, il pisciolare delle fontane, un combattimento di cani e gatti, l’eco del verso del lupo mannaro che fa spaurare il cuore. Un sentito lamento di Salvatore per tutti i paesi in abbandono.

Ombra

Ombra è la fronda generata dalle radici, l’intreccio dei rami che quella polvere ha prodotto. Ed è anche l’ombra il lato delle creature che non si chiariscono allo sguardo, il lato dei presagi, degli uccelli che volano la notte, il lato del racconto che desta meraviglia e inquietudine. E ombra è anche quella che lasciamo sulla terra andandocene.

La bestia nel grano

L’urlo del mietitore è più forte a mezzogiorno, l’ora che non lascia ombra sulla terra, l’ora in cui non c’è separazione fra vita e morte. L’ora del demone meridiano. A quell’ora bisogna rincorrere le bestie immaginate che si nascondono correndo e scuotendo il grano, per offrirle in sacrificio al demone, a risarcimento del lutto del campo falciato.

Scorza di mulo

I mulattieri sono sotto la guida di Ermete. Sono le creature liminari tra il mondo immobile degli stanziali e la mobilità sconfinata della notte. Non sono cavalieri però, sono soltanto mulattieri, hanno a che fare con bestie cocciute. Viaggiano nel buio per rubare legna dal bosco, per portare carichi, soggetti al pericolo, alle piene dei fiumi, ai dirupi, alle guardie, ai briganti. Quanti neri pensieri corrono nella muta testa di mulo di un mulattiere nella notte, sotto il suono ipnotico di zoccoli, che non galoppano mai, soltanto trottano al passo di un carico da condurre come una pena?

Il Pumminale

Il Pumminale è il mannaro nato nella notte di Natale, che con la luna piena si trasforma in lupo e va sporcandosi nel fango per trovare refrigerio. Questo Pumminale è versopelo, ha i peli dentro, e al richiamo della luna si trasforma non in lupo, ma in porco maiale. La storia di un meretricio notturno per incontrare il proprio demone e mettercisi d’accordo.

Le creature della Cupa

Molte sono le creature della Cupa per cui è meglio non affacciarsi ai pozzi, non uscire la notte, non esporsi al pericolo. Come in una ninna nanna su una culla fatta di rovi, ecco recitato l’elenco: la masciara, il pumminale, il maranchino e soprattutto la creatura della Cupa, neonata che ispira tenerezza, ma a sollevarla piega le gambe per il peso abbracciato, oro che il demone ha trasformato in piombo.

La notte di San Giovanni

È la notte dei presagi e delle comparanze.  La notte in cui le ragazze cercano segni per capire chi accompagnerà la loro vita. E nell’acqua del bacile vedono l’ombra di Salomè ed Erodiade inseguirsi e accusarsi per l’eternità.

L’angelo della luce

Sempre Michele è venuto su una spada di luce. Ha spinto i contadini a lasciare le case, a mettersi in via, come pellegrini, per andare alla grotta nel giorno dell’arcangelo. Strada affollata quella dei pellegrini: ordini di mendicanti, simoniaci, guaritori, predicatori, accattoni, commercianti di fede. Anche l’angelo della luce per scendere in terra, come Adamo, ha dovuto sporcarsi i piedi.

Componidori

Dopo una divinità religiosa, una pagana. Come rendere divino l’uomo per un giorno, come mondarsi dalle funzioni corporali, privarsi del volto ed essere solo maschera luminosa che guida una torma di magnifici cavalieri che cacciano stelle per guadagnare la fertilità della terra, è quanto accade nella festa, nella giostra della Sartiglia.  Ma è festa di carnevale, festa di sovvertimento dell’ordine. Quello stesso re si ubriacherà e verrà raccolto all’alba, fra gli ultimi.

Il bene mio

All’unione di nozze si arriva col velo, circondati, eletti e digeriti dalla comunità. Oppure da soli, nella clandestinità più buia, quella della fujuta. La fuga d’amore. Non c’è banchetto allora, c’è solo il ricovero dell’amore e il terrore di essere abbandonati dopo. Questo il soggetto di un’altra straordinaria canzone di Matteo Salvatore.

Maddalena la castellana

Storia terribile delle conseguenze di un amore clandestino. Episodi non rari in un mondo in cui gli uomini erano continuamente lontani per guerra, migrazione o lavoro. Con la ferocia di una descrizione cruda come la realtà, il poeta Canio Vallario ha composto questo sonetto sul tema di un aborto clandestino, sulla figura nera come la notte di questa vammana che una volta chiamata “mai indietro fa ritornare”.

Lo sposalizio di Maloservizio.

La festa fonde la vita fino al punto in cui tocca la morte. La festa sfrenata, che dissipa ogni accumulo, la festa dei santi martiri del Ricreo. Il ri-creo, che rigenera l’uomo, lo crea nell’accoppiamento e allo stesso tempo lo consuma. Per questo in maniera fatale e simbolica, a Maloservizio, fu fatto lo scherzo di legare l’uscio della sua casa al cancello del camposanto. Il filo, fattosi stella filante, avvolse tutti nella festa, e raccolse anche i paesi del contorno nominati per nome e blasone. Rucche Rucche e Barbaje, è specie di formula magica da incantesimo. Il resto è tutto il folclore da sposalizio, cinque minuti di corsa forsennata condotta da una crepitante banda rumena unita alla postale. Il brano deve molto ad Aniello Russo per i blasoni e ad Armando Testadiuccello per la sostanza.

Il lutto della sposa

Ogni età dell’oro, l’infanzia del mondo, finisce si sa nel giorno della sposa. È il momento del trapasso a un’altra vita. Abbracciarne una nuova significa abbandonare quella che si è vissuta fino ad ora. Per il soggetto di questo brano ringrazio Adrian Paci.

Ogni età dell’oro, l’infanzia del mondo, finisce si sa nel giorno della sposa. È il momento del trapasso a un’altra vita. Abbracciarne una nuova significa abbandonare quella che si è vissuta fino ad ora. Per il soggetto di questo brano ringrazio Adrian Paci.

Il treno

Forse è venuto un treno come un uccello, un giorno, a portarsi via tutti. A lasciare i balconi vuoti. Un treno viene, nero. In guerra come in pace. Ci sono saliti tutti sopra, anche un ragazzo che tutto quello che aveva era una grande scanata di pane. Se ne sono andati tutti così, su quel treno. Anche mio padre.

 

 

VINICIO CAPOSSELA

Biografia

Cantautore, poeta, scrittore e fantasmagorico entertainer, VINICIO CAPOSSELA (Hannover, 1965) debutta nel 1990 sotto l’egida di Renzo Fantini (Paolo Conte, Francesco Guccini) con il disco All’una e trentacinque circa”, che gli vale la Targa Tenco, premio che gli verrà attribuito altre tre volte negli anni successivi. Se sono i primi dischi “pre-biografici”, come Modì” (1992) e Camera a sud” (1994), a confermarne il talento in Italia e all’estero – è del 1995 un prestigioso sold out al Theatre de la Ville di Parigi – con Il ballo di San Vito” (1996) arriva il primo deragliamento musicale di Capossela: fanfare macedoni e la chitarra di Marc Ribot si fondono in una musica che vive di riferimenti e rimandi immaginifici e al tempo stesso più personali. Coliche di immaginazione le definisce lo stesso Capossela, che approfitta di un never ending tour di due anni circa per realizzare nel 1998 il suo primo album dal vivo, intitolato “Liveinvolvo” e realizzato con la complicità di Neat Veliov e della sua Kocani Orkestar. Importanti, in questo primo periodo della sua carriera, anche le incursioni nel mondo del teatro, dove lavora con la compagnia di Paolo Rossi a spettacoli come “Pop e rebelot” (1993) e “Milanin Milanon” (1994). Sempre con Paolo Rossi, Capossela fa il suo debutto televisivo nel programma “Scatafascio” (1997-1998), per il quale firma l’omonimo brano.

Dall’album Canzoni a Manovella” (2000) in poi, Capossela rivolge la sua attenzione a temi più universali, spesso ispirati alla grande letteratura, da Melville a Céline, da Dante ad Omero, mentre la sua attività concertistica, tanto in Italia che all’estero, è sempre più tesa alla rappresentazione dell’opera in forma di spettacolo e a radicarsi al tempo stesso in una serie di eventi unici senza repliche.

Non mancano poi nel curriculum di Capossela gli appuntamenti fissi, come i Concerti per le Feste che si svolgono puntualmente ogni anno dal 1998 al 2013 nei giorni di Natale al Fuori Orario di Taneto di Gattatico (Reggio Emilia). La passione per il progenitore ortodosso di Santa Klaus, vale a dire Santo Nicola, e la favola del Natale vede inoltre Capossela, nell’arco di un decennio, realizzare ben tre radioracconti a tema natalizio: “Canto di Natale” (2001), “I cerini di Santo Nicola” (2008) e “Il gigante e il mago” (2009).

Nel 2003, dopo due anni di intensa attività concertistica, arriva “L’indispensabile”, la prima raccolta di successi contenente anche la sua prima cover di sempre, “Si è spento il sole” di Adriano Celentano. I lavori successivi, Ovunque Proteggi” (2006), “Da Solo(2008) e Marinai Profeti e Balene” (2011), oltre ad incarnarsi in spettacoli di grande successo, forniscono lo spunto per una documentazione filmata, come nel caso dei due live Nel niente sotto il sole (2007) e Solo show” (2009). Accanto ai progetti discografici Capossela lavora anche a progetti inediti, come quello realizzato nel 2007 con il violoncellista Mario Brunello in occasione del “Genio Fiorentino” e dedicato alle “Rime” di Michelangelo intitolato “Fuggite, amanti, amor”.

Radio, scrittura, cinema, sono spesso confluiti nel percorso artistico di Vinicio Capossela, segno distintivo di un artista che da sempre non considera ma, anzi, travalica le barriere esistenti tra le diverse arti: è del 2004 il suo primo romanzo, “Non si muore tutte le mattine”, da cui trae uno spettacolo di teatro d’ombre e le “Radiocapitolazioni“ trasmesse da Radio 3. Nel 2009 pubblica, sempre per Feltrinelli, “In clandestinità” con l’amico-poeta Vincenzo Costantino “Cinaski”. Il libro diventa un reading che i due presentano in tutta Italia dove, al posto del palcoscenico, ci sono un ring, un giudice, un pianoforte e i due in scena per un improbabile quanto realistico incontro di boxe, dove parole e canzoni sostituiscono i pugni. Alla Grecia e al rebetiko, “più che una musica, un modo di vivere“, Capossela dedica invece il disco Rebetiko Gimnastas” (2012), il film Indebito” (2013), girato insieme al regista Andrea Segre, presentato in anteprima al festival di Locarno e proiettato al cinema con enorme consenso di pubblico e critica, e il libro Tefteri, taccuino dei conti in sospeso” (2013), pubblicato da Il Saggiatore.

Nell’estate del 2013 Capossela è impegnato in diversi progetti: presenta un nuovo spettacolo nello stupefacente scenario di Villa Adriana, Il Carnevale degli Animali e altre bestie d’amore”, che lo vede protagonista insieme al Trio Amadei ed ai solisti della Vianiner Philarmoniker, spettacolo replicato anche l’estate successiva al prestigioso Ravenna Festival e in altri contesti. Sempre nel 2013 debutta come produttore per il disco “Primo Ballo” della Banda della Posta, un album di musiche per sposalizi con cui si esibisce in un tour di più di cinquanta date. Sul tema dello sposalizio, inoltre, incentra la prima edizione del Calitri Sponz Fest (2013), un festival da lui ideato e di cui è direttore artistico. Il festival viene riproposto anche nell’estate del 2014 con il tema Mi sono sognato il treno e nell’estate 2015 con il tema Le vie dei muli i sentieri dei miti.

Nell’aprile del 2015 Feltrinelli pubblica il suo quarto libro, Il paese dei Coppoloni”, candidato al Premio Strega. A giugno 2015 risulta l’autore più votato del Dante al Premio Strega e viene premiato dai circoli di lettura dei comitati italiani ed esteri della Società Dante Alighieri. Il 29 agosto, nell’ambito dello Sponz fest, festeggia la Notte d’argento per i suoi 25 anni in musica: un grande concerto con ospiti speciali, durato più di 7 ore nella stazione di Conza in Alta Irpinia, preludio di un tour celebrativo intitolato “Qu’Art de Siècle”, che lo vede esibirsi in Italia (Catania, Milano, Roma e Venezia) e nelle principali città europee (Parigi, Londra, Berlino, Bruxelles, Zurigo, Berna, Salonicco) in una serie di concerti-atti unici per ospiti e repertorio.

Il libro “Il paese dei Coppoloni” porta in dote un documentario-viatico prodotto da LaEffe per la regia di Stefano Obino intitolato “Vinicio Capossela – Nel paese dei Coppoloni, presentato al cinema nel gennaio 2016 e la cui colonna sonora è tratta da quello che si annuncia come l’imminente nuovo album di studio dell’artista. “Canzoni della Cupa, questo ne è il titolo, uscirà il 6 maggio 2016 e sarà seguito da un lungo tour di presentazione che toccherà sia l’Italia che l’estero, a partire dalla Francia, dove Capossela sarà ospite a luglio del prestigioso Festival di Lione.