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Giuseppe Ungaretti, da “L’allegria”- Il Porto Sepolto: analisi del testo (traccia esame Maturità 2019)

 

“Risvegli”, insieme a “Dannazione”; “Peso” e “Destino”, rappresenta una delle poesie più religiose de Il Porto, che dà il titolo ad una sezione della raccolta L’Allegria. Quest’ultima, articolata in cinque parti (“Ultime”, “Il porto Sepolto”, “Naufragi”, “Girovago”, “Prime”, rappresenta il primo momento della poesia di Giuseppe Ungaretti.

Attraverso un linguaggio ermetico e frammentato, che permette al lettore di immergersi nei ricordi quasi onirici del poeta, “Risvegli” esprime la sofferenza di Ungaretti nei confronti degli orrori della guerra. Partendo dal proprio vissuto, infatti, il poeta cerca di estendere la sua esperienza “in un’epoca fonda” (v. 4), ad una riflessione sull’umanità e, in generale, sul mondo. Un viaggio introspettivo che Ungaretti fa affidandosi alla memoria, ai ricordi lontani che lo portano a ricordare le tante vite vissute nel passato e che, inevitabilmente, hanno lasciato una traccia indelebile nell’animo del poeta. Ricordi che, come le nuvole che il poeta osserva e che sottolineano l’inevitabile trascorrere e mutare del tempo (Rincorro le nuvole/ che si sciolgono dolcemente, vv. 12-13), lo portano a pensare amici che ormai non ci sono più. Un dialogo interiore che diventa religioso quando si domanda “Ma Dio cos’è?”: Dio è l’assoluto. Così, Ungaretti, da creatura impaurita che ha occhi spalancati – attraverso questo atto di fede in cui riesce a trovare un po’ di serenità, osserva il mutamento del mondo e trova nuova linfa vitale per rinascere (punto 1).

In questo percorso interiore che, attraversando la sofferenza e l’atrocità della guerra, conducono Ungaretti a cogliere gli aspetti positivi della vita, non casuale è la scelta del titolo Risvegli. Infatti, quest’ultimo rappresenta un risveglio della coscienza dal torpore in cui, nel corso della vita, si può cadere. Risvegliare, svelare, togliere il velo dagli occhi che, troppe volte, ci impedisce di cogliere la bellezza che ci circonda. Un risveglio che, come evidenzia il verso conclusivo del poema che termina con il verbo “riavere”, si ripete ciclicamente nel tempo (punto 2).

Da una esperienza dura come quella della guerra, Ungaretti prosegue la sua esistenza con la percezione di aver vissuto altre vite. Diventa sottile la linea di confine tra ricordo e sogno e, in questo spazio sospeso, nella ricerca di risposte da parte del poeta, convivono l’io lirico, la persona fisica legata al proprio corpo, e un lungo viaggio introspettivo della propria anima (punto 3).

Nella lirica in esame, la guerra ha la dimensione di un ricordo ma, allo stesso tempo, le indicazioni spazio-temporali date dal poeta (attraverso il riferimento al luogo in Friuli e alla data di componimento), rendono reale, a tratti cruenta, la memoria di quelle “vite perse”. Così, in questo suo vagare, Ungaretti si immerge completamente nel suo essere per far riemergere tutte le vite perdute nella guerra (punto 4).

Ma Dio cos’è?”, è la domanda che il poeta si pone rivivendo con la memoria la dolorosa esperienza della guerra. Una profonda riflessione mistica che, contemplando in cielo il movimento delle nuvole e il loro mutare, lo induce a pensare alla caducità della vita dell’uomo, con un inizio e una fine. Fragilità dell’uomo che il poeta avverte con più forza nella contrapposizione con l’essere eterno, l’assoluto, ovvero Dio. Un pensiero che, in un certo senso, turba Ungaretti. Infatti, il poeta si sente come “una creatura atterrita”, usando, appositamente, il termine “creatura”, al fine di evidenziare che è stato “creato” da Dio. In questo modo, dalla contrapposizione con la grandezza di Dio, il poeta si sente una infinitesima parte dell’universo (punto 5).

Composta in versi liberi, brevi e alternati, la poesia “Risvegli” è caratterizzata dall’uso di un linguaggio frastagliato e ermetico. Una scelta stilistica che consente al poeta di dare la giusta efficacia al contenuto, in questo viaggio interiore, tra gli orrori della guerra e la tensione verso l’assoluto, verso Dio. In riferimento alle figure retoriche utilizzate da Ungaretti, troviamo: “sorpreso e raddolcito” (vv. 10-11) che rappresenta, quindi, un ossimoro. Poi troviamo “rincorro le nuvole” (v. 12) che è una metafora. Invece, “gocciole di stelle” (v. 23), è un’analogia. Infine, si evidenzia la presenza di enjambements nei versi: 10-11; 16-17; 19-20; 25-26 (punto 6).

Diversi sono i poeti del Novecento che hanno raccontato la guerra nei loro versi. Inevitabilmente, le guerre e i regimi dittatoriali che hanno caratterizzato il ventesimo secolo, hanno finito per influenzare la produzione letteraria dell’epoca. Così, accanto a Giuseppe Ungaretti, non possiamo non citare scrittori come Montale e Saba. Tre emblemi della letteratura italiana, che avevano in comune, appunto, l’esperienza della guerra. Ciascuno di loro, attraverso il loro linguaggio, è riuscito a raccontare la “propria” guerra. Restando nell’ambito delle poesie scritte da Ungaretti, anche nel componimento “Sono una creatura” (appartenente alla raccolta “L’ Allegria”), il ricordo rappresenta un elemento essenziale per raccontare l’esperienza del fronte.

Parole scritte nero su bianco, brevi e senza punteggiatura, fanno in modo che si intreccino il passato e presente, dolore e speranza, vita e morte. Così quella pietra indicata nella lirica, altro non è che quella del Carso, l’altopiano scenario delle battaglie della Prima Guerra Mondiale, la cui durezza viene paragonata al pianto del poeta. Un pianto che, una volta messo in versi, diventa lo sfogo di tutti quelli (e non solo) che hanno vissuto tale orrore. Un’esperienza che porta a scrivere al poeta: “La morte si sconta vivendo”.

Per quanto riguarda Eugenio Montale, basti pensare alla poesia “Il sogno del prigioniero”, in cui il poeta estende la condizione di prigionia vissuta in prima persona, a tutta l’umanità, la quale si trova a vivere nella prigionia e nel logorio della società moderna.

Una diversa chiave di lettura della guerra, rispetto ai due precedenti scrittore, emerge dalle poesie di Umberto Saba, il quale riesce a raccontare con un tocco delicato tale esperienza. In tal senso, come non evidenziare “Marcia notturna”, in cui il poeta descrive la marcia dei soldati lungo il mare. Attraverso la scelta metrica che attribuisce ai versi un ritmo lento, emergono i ricordi d’infanzia, quando Saba era ancora estraneo alle atrocità della guerra. Poesia che per lui diventa una corazza per difendersi da ciò che gli occhi sono stati costretti ad osservare.

Immagini indelebili nella memoria dei poeti che, attraverso i loro versi tengono vivi chi, parafrasando Frabrizio De Andrè (“La guerra di Piero”) «diede la vita ebbe in cambio una croce».

Rosy Merola

Definisco il mio percorso professionale come un “volo pindarico” dalla Laurea in Economia e Commercio al Giornalismo. Giornalista pubblicista, Addetta stampa, Marketing&Communication Manager, Founder di SinergicaMentis. Da diversi anni mi occupo della redazione di articoli, note e recensioni di diverso contenuto. Per il percorso di studi fatto, tendenzialmente, mi occupo di tematiche economiche. Nello specifico, quando è possibile, mi piace mettere in evidenza il lato positivo del nostro Made in Italy, scrivendo delle eccellenze, start-up, e delle storie di uomini e donne che lo rendono speciale. Tuttavia, una tantum, confesso di cadere nella tentazione di scrivere qualcosa che esula dalla sfera economico-finanziaria (Mea Culpa!). Spaziando dall'arte, alla musica, ai libri, alla cultura in generale. Con un occhio di riguardo nei confronti dei giovani esordienti e di quelle realtà che mi piace definire "startup culturali". Perché, se c'è una frase che proprio non riesco a digerire è che: "La cultura non dà da mangiare". Una affermazione che non è ammissibile. Soprattutto in Italia.