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Sanremo 2021, Lo Stato Sociale e “Combat Pop”: «Spirito combattivo per raccontare la nostra visione del mondo: siamo pieni di condizionamenti, di moralismi ipocriti e medietà»

(Ph  Jessica De Maio)

 

«Non sarà per sempre, credeteci. I nostri fiori non sono ancora rovinati», in questo modo Lo Stato Sociale ha concluso l’esecuzione di “Non è per sempre” degli Afterhours, la canzone scelta per la serata cover del Festival di Sanremo 2021. Sul palco dell’Ariston, il collettivo bolognese – insieme a Emanuela Fanelli e Francesco Pannofino – si è fatto portavoce delle difficoltà dei lavoratori del mondo dello spettacolo, fermi da circa un anno.

Sul palco, quindi, per accendere la luce su una “grossa istanza”.  Un discorso che è proseguito anche durante la video conferenza stampa (via zoom) che si è svolta oggi e a cui hanno preso parte i componenti de Lo Stato Sociale, Emanuela Fanelli, Francesco Pannofino e alcuni rappresentanti dei Live Club.

«Il settanta/ottanta per cento dei cantanti che è salito sul palco dell’Ariston nelle ultime due edizioni del Festival di Sanremo è passato per i palchi dei nostri Live Club. Chiediamo di essere equiparati a sale teatro e cinematografiche. Chiediamo dignità. Ormai è un anno e inizia ad essere un po’ tanto», ha puntualizzato Toto Barbato, gestore del live club The Cage di Livorno. Quest’ultimo ha concluso dicendo: «Bisogna capire che anche quando il Papa parla in piazza dietro c’è qualcuno che fa funzionare tutto. Dovremmo fermarci tutti, così si accorgerebbero che il Paese si blocca per davvero». A queste parole si sono aggiunte anche quelle di Morris Donini del Cinema Mandrioli della provincia di Bologna: «Purtroppo non c’è stata neppure l’adesione di tutti gli artisti a questa campagna di sensibilizzazione. Ma quando torneremo a proiettare in sala ci ritroveremo in più la concorrenza delle piattaforme streaming e rischiamo di riaprire nel deserto».

A loro si e aggiunta anche Emanuela Fanelli: «Sono stata molto felice di partecipare a questa esibizione insieme ai ragazzi de Lo Stato Sociale. Onestamente, lavorativamente parlando, lo scorso anno è stato il più fortunato di tutti. Per questo, ho avuto anche dei sensi di colpa, che poi era immotivato, rispetto ai miei amici e colleghi che fanno lo stesso lavoro, ma che non hanno lavorato nel 2020. Il fatto di essere venuta a Sanremo a parlare per tutti quelli che sono più nascosti, meno conosciuti è stato il senso di tutto lo scorso anno».

Per Francesco Pannofino: «In pochi secondi, un minuto scarso, siamo riusciti a mandare un messaggio emozionale importante. Ci sono tante persone in difficoltà, che davvero non lavora da un anno. Ci sono famiglie che sono in difficoltà. Almeno abbiamo dato un alito di speranza. Il palco di Sanremo amplifica tutto questo in maniera straordinaria».

Dopo aver dato il giusto spazio a tale istanza, si è entrati nel merito della partecipazione del collettivo bolognese al 71esimo Festival di Sanremo e di “Combat pop”, il brano in gara. Quest’ultimo risulta essere un po’ meno “lodocentrico” rispetto a “Una vita in vacanza”, la canzone arrivata al secondo posto del 68esimo Festival della canzone italiana (2018). «Per noi è una cosa normale che anche le canzoni importanti non siano cantate da me», ha precisato Lodovico Guenzi detto “Lodo”, che ha continuato: «Qualcuno ha scritto che era una forma di provocazione, questo fa un po’ ridere. Semplicemente abbiamo deciso che questo brano lo cantasse Albi (Alberto Cazzola) perché ci piaceva come lo faceva».

Come hanno raccontato i ragazzi de Lo Stato Sociale, “Combat pop” è nata prima come titolo e poi come canzone: «L’idea era quella di mettere insieme uno spirito combattivo, nel senso di critica sociale. Raccontare la nostra visione del mondo, il nostro punto di vista. Avere un messaggio ed essere pop, popolari. Nel senso di voler arrivare a più persone possibili. Questo è da sempre in nostro primo obiettivo. È un pezzo che rappresenta in tutto e per tutto Lo Stato Sociale, come stile ma anche come voglia di non prendersi troppo sul serio. Dopo il titolo è arrivato il nostro lavoro collettivo. Abbiamo cercato di renderlo un pezzo divertente, di rappresentarlo con una messa in scena che lo arricchisse partendo dal verso “vestirsi da rock star, fare canzone pop per vendere pubblicità”. Racconta la contraddizione che tutti noi viviamo nella tensione tra il mondo che vogliamo e l’imposizione di un modello immutabile. La contraddizione del capitalismo che riesce a venderti tutto e il suo contrario: il sistema e l’antisistema, la malattia e la cura, l’inquinamento e l’ecologismo, la ribellione e il conformismo. Anche chi dice no, poi si veste da rockstar per vendere pubblicità. Ma che senso ha?».

Sempre restando sul testo della canzone, c’è un verso che fa riferimento alle “buone maniere a cui dire di no”. «Il problema è la monocultura degli anni ’90. L’idea che ci sia una sola maniera in cui vivere, sbagliare, amare, vestirsi, votare, di stare insieme. Noi siamo pieni, in questo momento, di condizionamenti, di moralismi ipocriti, cose che non si possono dire, gente che si offende. Medietà. Il senso comune è costruito, in questo momento, per stare in una fascia di mediocrità, qualsiasi cosa si dica o si faccia. Il mondo è bello perché è composto da persone diverse. Credo che la gentilezza sia fondamentale, soprattutto in una fase in cui la società è isolata e, quindi, molto arrabbiata. Tuttavia, credo sia qualcosa di molto violento spiegarti quali sono le buone maniere, spiegarti come si devono fare le cose. Questo non è gentile, è una forma di violenza», ha concluso Lodo.

 

“Combat Pop” fa parte del album “Attentato alla Musica Italiana”, il quarto disco di inediti del collettivo bolognese via Garrincha Dischi / Island Records. Il disco rappresenta per Lo Stato Sociale una nuova, incredibile, sfida: un quintuplo album composto da cinque capitoli, uno per ogni componente della band, un’operazione assolutamente unica nel suo genere, il cui artwork è curato da Mirco Campioni.

Cinque dischi che nascono per spiegare la straordinaria attitudine de Lo Stato Sociale e che lasciano spazio alle singole personalità e alle idee artistiche individuali.  Un’operazione corale, che mette a nudo le singolarità dei cinque membri del collettivo bolognese per poi riunirle in un’unica trama che vedrà la luce anche su supporto fisico, il 12 marzo in doppio CD e il 19 marzo in triplo vinile.

Qui il testo completo pronunciato da Lo Stato Sociale e dagli attori:

“Alcatraz, Milano, aperto nel 1997 e chiuso a febbraio del 2020. Non sappiamo quando riaprirà. Teatro dell’angelo, Roma: aperto nel ’94, chiuso. Per sempre. Cinema Iris, Messina. Non sappiamo quando riaprirà. Negli anni ’90 un musicista apre il Cage a Livorno perché, dice, le città senza i club sono più brutte e vuote. E non sappiamo quando riaprirà. Il cinema Mandrioli in provincia di Bologna continua a proiettare film durante il lockdown, a porte chiuse, perché non manchino nella città le voci dei personaggi, e non sappiamo quando riapriremo. Hiroshima, Torino: Non sappiamo. Teatro Massimo, Palermo. Quando? Cinema Adriano. Riaprirà. Sherwood festival, Miami, Balla coi cinghiali …sospesi. Primo maggio? Senza pubblico. Teatro salone margherita. Chiuso definitivamente. Festival di Sanremo 2021: 26 cantanti, solo tra loro oltre 50.000 concerti, oltre mille live club, oltre 10.000 persone che non lavorano più da un anno. Ma non sarà per sempre. Credeteci, i nostri fiori non sono ancora rovinati”.

 

Rosy Merola

https://www.youtube.com/watch?v=aRdbIOz1O7E

Rosy Merola

Definisco il mio percorso professionale come un “volo pindarico” dalla Laurea in Economia e Commercio al Giornalismo. Giornalista pubblicista, Addetta stampa, Marketing&Communication Manager, Founder di SinergicaMentis. Da diversi anni mi occupo della redazione di articoli, note e recensioni di diverso contenuto. Per il percorso di studi fatto, tendenzialmente, mi occupo di tematiche economiche. Nello specifico, quando è possibile, mi piace mettere in evidenza il lato positivo del nostro Made in Italy, scrivendo delle eccellenze, start-up, e delle storie di uomini e donne che lo rendono speciale. Tuttavia, una tantum, confesso di cadere nella tentazione di scrivere qualcosa che esula dalla sfera economico-finanziaria (Mea Culpa!). Spaziando dall'arte, alla musica, ai libri, alla cultura in generale. Con un occhio di riguardo nei confronti dei giovani esordienti e di quelle realtà che mi piace definire "startup culturali". Perché, se c'è una frase che proprio non riesco a digerire è che: "La cultura non dà da mangiare". Una affermazione che non è ammissibile. Soprattutto in Italia.