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Achille Lauro presenta “Lauro”: «È lo specchio di chi sono. Nasconde le mie centinaia di anime»

(Ph Leandro Manuel Emede)

 

«Non sono complicato, ma contengo una dozzina di anime semplici tutte insieme.» Questa citazione di Gesualdo Bufalino viene in mente ascoltando Achille Lauro (all’anagrafe Lauro De Marinis) durate la video conferenza stanza (su zoom) di presentazione di “Lauro”, il sesto album di inediti in uscita il 16 aprile per Elektra Records/Warner Music Italy.

Un disco che il cantautore vede come un libro in cui c’è tanto di lui. Lo rispecchia al punto tale da dargli come titolo il nome proprio. Achille Lauro, un fiume di parole in piena senza filtri, con generosità racconta di sé e del suo nuovo lavoro discografico anticipato da “Solo Noi” e “Marilù”. Un album in cui parla al mondo degli irrisolti, dei fuori rotta, dei falliti. Degli incompresi, come a volte si sente anche lui. 

«Il 2020 è stato un anno abbastanza difficile. Ci ha costretto a stare chiusi in casa. In questa emergenza sanitaria tremenda, io ho cercato di trarre qualcosa di buono da tutto ciò. Sono una persona che scrive tanto quando ho qualcosa da dire. Mi sono ritrovato con un centinaio di brani scritti. Dopo aver pubblicato, nel 2020, gli album “1990” e “1920” – progetti side, progetti paralleli all’album “1969” –, sono arrivato a “Lauro”, che è un album che rappresenta veramente me stesso. Ci tengo a dire che tutti i miei lavori – anche i progetti side –, nascono spontaneamente da sensazioni e stati d’animo. Sinceramente, fotografo una parte di me. Credo che tutti dentro di noi abbiamo milioni di personalità e sensazioni. Io cerco, quando mi riesce, di fermane qualcuna».

Fa questa premessa Achille Lauro, prima di entrare nel merito del nuovo album “Lauro”, un disco punk rock, grunge. Tuttavia, non inizia la sua narrazione del disco dalle canzoni, dalla musica. Comincia, invece, spiegando la cover del disco e la chiave di lettura che contraddistingue ciò che questo artista poliedrico realizza: «Uno pensa che la musica, la performance sia soltanto mettersi una parrucca, un vestito. Non è così. Ogni progetto ha tante chiavi di lettura. Qualcuno vede soltanto la punta dell’iceberg, invece non è così. Tutto ciò che faccio è rivisto al dettaglio. Sono ossessionato dal dettaglio. Vado a cambiare perfino i respiri, quello che gli altri nemmeno sentono. Prima di fare uscire qualcosa lo metto in discussione cento volte. Sono cresciuto in una comune di ragazzi dove c’erano “artistoidi” di tutti i tipi: disgraziati, delinquenti, scappati di casa, figli di nessuno. Tra questi artistoidi c’era sempre qualcuno che scriveva molto bene, che faceva musica molto bene. Quindi, prima di fare uscire qualcosa, ero abituato a domandarmi se fosse al loro livello. Continuo a farlo. A domandarmi se la mia opera, il mio prodotto “di artigianato” vada bene».

Puntualizzato ciò, Achille Lauro ha mostrato in zoom la cover del disco, spiegando che si stratta di una copertina minimalista: «Prima di tutto, è una tela. Un mio quadro. Inizialmente era un impiccato al centro e il mio nome sotto. In realtà è una serie di cinque quadri. Ognuno ha una lettera in più. Questa cover, per me, è una metafora della vita: l’aspetto contraddittorio di un gioco per bambini che però rappresenta un impiccato. In tale gioco, non può perdere l’impiccato e, allo stesso tempo, non può essere scritta la parola completa. Per questo, nel titolo, la “o” finale di Lauro è scritta in rosso. Perché, in realtà, tale quadro rappresentava una fine. Il nome non completo rappresenta una fine, a cui si può dare diverse chiave di lettura: la fine di un amore, di un lavoro e così via. Scriverla in rosso è come quando alle elementari ti correggevano con la penna rossa un compito. È la scelta di proseguire e dire: no, non è la fine, vado avanti. Rifiutare una fine che ci era stata imposta».

Achille Lauro continua la descrizione della cover aggiungendo che – collegandosi a quanto si è assistito durante il Festival di Sanremo – ad ogni lettera è associato un diverso genere musicale. Ciascuno del quale ha rappresentato qualcosa nella crescita artistica del cantautore. Generi musicali che esprimono dei concetti forti. Così, ripercorrendo le cinque le serate del 71esimo Festival di Sanremo, Lauro ha spiegato che la lettera “L” rappresenta il suo omaggio al glam rock (sul palco si è esibito con l’inedito “Solo noi”); alla “A” è associato il rock and roll (sul palco sanremese con “Bam Bam Twist”); alla “U” corrisponde il genere pop (“Penelope” eseguito insieme a Emma Marrone); alla “R” il punk rock  (con brani sanremesi “Me ne frego” e “Rolls Royce”) e, infine, alla “O” corrisponde la music orchestra, la musica classica (C’est la vie).

«C’è tanta strada tra quello che uno pensa e ciò che arriva fuori. Per questo – evidenzia Lauro –, non si viene compresi. Il glam rock rappresenta la scelta di essere. È un manifesto di libertà. Di essere tutto o di essere niente. Il rock and roll rappresenta la parte speziata del disco. Rappresenta la sessualità; la sensualità; la voglia di cambiamento. La popolar music è il genere che preferisco. In Italia, la musica popolare viene vista come qualcosa di poco valore, di frivolo. Per questo a Sanremo dicevo: “Dio benedica gli incompresi”. Il punk rock è l’icona della scorrettezza: “Dio benedica chi se ne frega”. Infine, c’è la music orchestra. Per me la musica è qualcosa di profondo, perché firma le mie personalità. Come mi ricollego a questo genere? Perché, gli elementi di orchestra rappresentano persone che hanno studiato da soli. Sono dei solisti che, tuttavia, insieme vanno a comporre una grande opera».

Tutta questa sorta di “incipit” – rimanendo solo e soltanto sulla cover dell’album – fa comprendere un po’ meglio il senso della frase di Achille Lauro, quando sottolinea che in lui ci sono centinaia di anime. È una finestra aperta sulla sua eclettica poliedricità. Un caleidoscopio di colori, di sfumature, di luci e ombre.

“Lauro”, nell’intenzione dell’artista, è il riflesso di tanti minuscoli frammenti di personalità che animano e agitano il suo mondo interiore. Una concezione della musica che, seguendo la video conferenza stampa, ad un certo punto ricorda – sotto alcuni aspetti – la visione kandiskiana all’inverso.

«Mi sono fissato sul fatto che le canzoni hanno un colore. Dal momento in cui si associa un colore ad una canzone, significa che la canzone si “guarda” anche. Di conseguenza, quando scrivo delle canzoni, ho in mente delle immagini che voglio portate a chi ascolta. Da qui nasce la mia voglia, la mia costruzione “del vestito” da adattare alla canzone (che può essere un video, il costume e altro). Anche di ciò che si guarda e su cui perdo le notti. Ho letto tante str…..e: “È un modello di Gucci”; “È un prodotto di marketing”. Perché le persone tendono a dare una spiegazione propria rispetto a quello che effettivamente è. Qui si tratta di non dormire la notte, di svegliarsi presto, di essere ossessionati. Perché io amo quello che faccio. Io amo immaginare qualcosa che non esiste e poi toccarla con mano. Non è solo la musica. Quest’ultima mi ha insegnato a fare ciò: immaginare un progetto e toccarlo con mano. Io sul set sono quello che aiuta a spostare le cose. Guardo il dettaglio. Sono fortunato perché ho trovato persone che mi danno fiducia e sono aiutato da un gruppo di professionisti selezionati che amano quello che fanno. A me non piace chiamare quello che facciamo arte o poesia. Noi siamo veramente degli artigiani. Costruiamo mattone su mattone.  Concependo il fallimento come possibilità. Anzi, il fallimento è il successo, Perché tanti fallimenti hanno dato vita a quello che siamo noi oggi. Quindi, a tutti quelli che pensano che ci hanno fatto indossare un costume e poi ci hanno buttato sul palco di Sanremo dico: non avete capito nulla. Nulla è lasciato al caso. Tutto è curato nel minimo dettaglio. Partendo dalla produzione delle canzone, da quando scrivo i testi».

Entrando nel merito delle canzoni e dei testi, sono delle riflessioni che Achille Lauro fa su sé stesso; sull’amore nelle diverse declinazioni; sul cinismo. Dodici canzoni, dodici facce del cantautore, il quale sottolinea: «Sono una persona che guarda al passato con malinconia e al futuro come un sognatore. Il presente, per me, non esiste. Forse quest’ultimo aspetto, è il lato peggiore del mio carattere ma, allo stesso tempo, è il motore di tutto ciò che sono spinto a scrivere. Il disco si divide in due macroaree: una più introspettiva e una più “voglio una vita così… Rolls Royce”. Per questo, il disco l’ho un po’ suddiviso in un lato A e un lato B».

Infine, Achille Lauro ha sottolineato che – dopo questo lavoro – si prenderà una pausa. Posto che le sue “centinaia di anime” e quel suo essere tormentato – spinta e motore di tutto ciò che fa – glielo consentiranno.

Dio benedica la musica.

Rosy Merola

https://www.youtube.com/watch?v=oem1x9Zxx5Q

 

“Da una panchina di una delle periferie più violentate di Roma all’Olimpo della musica italiana.

Dal degrado dei palazzi di Vigne Nuove ad una vita criticata e celebrata, sotto la luce dei riflettori.

La leggenda nera grava su ragazzi persi che diventano icone di una generazione.

Nessuna omologazione. Mai.

Solo eccesso, follia, libertà, disobbedienza.

Poesie scritte su pezzi di carta stropicciati, dove il buio è giorno e la luce è notte.

Chiacchiere e maldicenza che diventano bollettino quotidiano della vita di un ragazzo di strada.

Quella strada che diventa immagine da copertina.

Sempre fuori da generi musicali e mode.

Sprezzante delle classifiche che ti imprigionano in uno stereotipo.

Angelo nero vessato e sprezzato.

Rockstar lapidata dal gossip del volgo.

Madonna incoronata guardata con sospetto e vilipesa.

Menefreghista e indolente agli insulti, paracadutato sul più grande palco della musica italiana fino ad essere amato come una vergine sacrificale.”

 

T R A C K L I S T

  1. PREQUEL
  2. SOLO NOI
  3. LATTE+
  4. MARILÚ
  5. LAURO
  6. COME ME
  7. FEMMINA
  8. A UN PASSO DA DIO
  9. GENERAZIONE X
  10. BARRILETE COSMICO
  11. PAVONE
  12. STUPIDE CANZONI D’AMORE
  13. SABATO SERA

L A U R O  –  T R A C K  B Y  T R A C K

SOLO NOI

Solo noi è una ballad rock, la cui forza sta nel sentimento. Chitarre elettriche distorte accompagnano una fenice che guarda indietro al suo percorso e rinasce dal fuoco che ha attraversato. Solo noi, la canzone di una generazione che ha vissuto nella periferia più blu, lontana dalla luce della speranza, in una lullaby rock che ci fa avere nostalgia di quello che abbiamo vissuto e che un giorno, nonostante tutto, ci mancherà.

Consapevoli di scrivere la storia, siamo soli in Terra e lo saremo sempre, ma lo saremo insieme. Uniti nella stessa solitudine, in un passato difficile, che ritorna su, che si ripropone ancora oggi, alla fine dei pasti più eleganti ai quali il successo ci ha abituati.

Solo noi provoca la nostalgia di Morfeo, del guardarsi indietro, del vedere i nostri giri grandissimi, lontani da quella che chiamavamo casa.  Rimaniamo della stessa essenza di quando calciavamo ciottoli di periferia e sognavamo una vita diversa.

Cerchiamo salvezza nel venale, ma la salvezza arriva da chi avevi a fianco quando ti eri appena condannato. Achille Lauro è la voce della generazione senza età, che ha deciso che il genere, in qualsiasi forma, è un’idea superabile. Gridiamo di salvarci da noi stessi. Lo gridiamo a chi è disposto ad ascoltarci.

LATTE+

Latte+, brano che segue il filone di Maleducata, ricostruendo un immaginario visivo cinematografico, del quale riporta l’estetica e non la morale. Il brano è l’inno di una generazione fuori controllo, che non trova risposte nella violenza bensì nel desiderio di voler essere di più, di volersi superare, di raggiungere l’obiettivo velocemente e bene.

È assurdità, ma non danno. è adrenalina, energia, tensione costante.

 

MARILÚ

Una poesia intima, intensa, senza tempo.

La storia di MARILÚ.

Un manifesto femminista.

La storia della vita.

Imparare cosa vuol dire crescere.

Mia Marilù, hai rotto presto la campana di vetro

Non hai ascoltato i consigli di tua madre

Bambina agli occhi di papà

Donna agli occhi degli altri.

Seduzione, sesso, melanconia

Uomini come giocattoli.

È solo la storia di tutti

Raccontata attraverso una canzone.

In fondo, cos’è la vita se non imparare a vivere la vita.

L’hai voluta tu, Marilù.

Ed è perfetta così.

 

LAURO

LAURO, title track dell’album, ripercorre le fasi della carriera dell’artista, citando alcuni dei momenti topici della sua storia. Specchietto del suo percorso accelerato, la traccia racconta come, nonostante tutti i cambiamenti che la musica ha comportato, Lauro sia rimasto lo stesso di sempre, legato alle sue origini e al suo vecchio mondo.

Le batterie elettroniche del brano, i riferimenti al Chelsea Hotel, il sound rock attualizzato raccontano un crossover di generi e riferimenti musicali che da sempre hanno caratterizzato la musica dell’artista.

COME ME

Una ballad pop, la cui melodia alla chitarra è scritta da Achille Lauro stesso. Come me è un amore non corrisposto. L’impossibilità di ritrovarsi compatibili, perché troppo simili. L’amore richiede un equilibrio tra elementi complementari e non identici. Come me è un sentimento che si parla addosso, un girare in tondo, senza andare avanti. La speranza che nasce quando si comprende nel profondo qualcuno e l’impotenza che ne deriva quando si realizza di non poter amare per lo stesso motivo.

FEMMINA

Questo brano cavalca uno stereotipo ricorrente nella nostra società: l’uomo che si nasconde dietro alla sua virilità e la usa per svilire l’amata, per paura di perderla.

La donna di fronte alla stereotipizzazione della femminilità, decide di spogliarsi di ciò che la connota come tale, mostrando la sua essenza agli occhi degli altri e di se stessa: essere, per la bellezza dell’essere e non dell’apparire.

A UN PASSO DA DIO

Una riflessione sulla vita, attraverso una lettera all’amata. Un pezzo di cantautorato, a tratti unico, che forse non appartiene a questo momento storico. Una poesia trasformata in musica. A un passo da Dio è un lamento urlato, tormentato dell’anima di uno degli ultimi ribelli.

GENERAZIONE X

Noi siamo la nuova Generazione X. Non crediamo nella chiesa, nei genitori, nell’arte.

Figli dei fiori del male, artisti del niente. Cristo ha smesso di porgerci la guancia.

Ma a noi, esattamente come chi era venuto prima, sta bene così.

La nostra mela tentatrice è digitale, proviamo dipendenza e ne siamo consapevoli.

Generazione X è un pezzo punk, fuori da qualsiasi schema discografico e legge di mercato. Si rifà al mondo degli irrisolti, dei fuori rotta, dei falliti. Siamo noi la nuova religione, la religione dell’irriverenza.

BARRILETE COSMICO

Un brano pop-punk, che si rifà all’ambient londinese, con un touch anni ‘60.

Barrilete cosmico è strafottente, simpatica, imprevedibile. Un pezzo pensato e progettato per risultare diretto, forte e sporco, pieno di riferimenti pop, dal cinema al calcio.

Il titolo prende ispirazione dal leggendario Maradona, che venne nominato Barrilete Cosmico dal cronista Victor Hugo Morales durante la partita Argentina-Inghilterra del 1986.

 

PAVONE

Un brano pop-porn, che parla di attrazione sensuale e sessuale pura e profonda. La donna diventa un pensiero e un desiderio, passione primordiale, raffinata da un corteggiamento estetico e animalesco.

La figura femminile diventa una metafora vivente di supremazia e ineffabilità, idealizzata e carnale al tempo stesso.

STUPIDE CANZONI D’AMORE

Un aggettivo che ridimensiona il sentimento più profondo che si possa provare. L’amore letto e raccontato con una musicalità apparentemente leggera, che nasconde però la malinconia del disamore.

Stupide canzoni d’amore racconta l’amore che finisce e che lascia il vuoto nel senso del sentimento.

SABATO SERA

Un uomo che parla ad una ragazza.

Sabato sera è un brano di ispirazione 90ies: chitarre elettriche sotto una pioggia martellante che bagna la fine di un amore.

Un sentimento a senso unico, medicina e veleno al tempo stesso.

L’amore adolescenziale ucciso dall’indifferenza della maturità.

 


Rosy Merola

Definisco il mio percorso professionale come un “volo pindarico” dalla Laurea in Economia e Commercio al Giornalismo. Giornalista pubblicista, Addetta stampa, Marketing&Communication Manager, Founder di SinergicaMentis. Da diversi anni mi occupo della redazione di articoli, note e recensioni di diverso contenuto. Per il percorso di studi fatto, tendenzialmente, mi occupo di tematiche economiche. Nello specifico, quando è possibile, mi piace mettere in evidenza il lato positivo del nostro Made in Italy, scrivendo delle eccellenze, start-up, e delle storie di uomini e donne che lo rendono speciale. Tuttavia, una tantum, confesso di cadere nella tentazione di scrivere qualcosa che esula dalla sfera economico-finanziaria (Mea Culpa!). Spaziando dall'arte, alla musica, ai libri, alla cultura in generale. Con un occhio di riguardo nei confronti dei giovani esordienti e di quelle realtà che mi piace definire "startup culturali". Perché, se c'è una frase che proprio non riesco a digerire è che: "La cultura non dà da mangiare". Una affermazione che non è ammissibile. Soprattutto in Italia.