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Eugenio Montale, “L’agave sullo scoglio”: analisi e interpretazione del testo letterario italiano

(Cilento Pioppi (SA) – ph Rosy Merola)

 

In “L’agave sullo scoglio”, attraverso un efficace uso di diversi elementi della natura, Eugenio Montale affronta il suo tumulto interiore. Infatti, in questo componimento – contenuto nella sezione “Meriggi e Ombre”, della raccolta Ossi di seppia – il poeta lascia l’aria calma descritta in un’altra sua poesia “Maestrale” (inserita sempre nella stessa raccolta), trovandosi a dovere affrontare il mare reso impetuoso dal soffiare di un altro vento, quello caldo di Scirocco. Così, mediante il titolo (L’agave sullo scoglio) e il sottotitolo (Scirocco), Montale introduce immediatamente il tema centrale della poesia in esame: la metafora dell’agave (una pianta caratteristica del Mediterraneo), che qui rappresenta l’autore. In particolare, Montale sottolinea come la pianta “abbarbicata” allo scoglio, cerca di non farsi sradicare dal vento di scirocco. Ed è proprio il concetto di resistenza un altro dei temi importanti del componimento, a cui si unisce, come già accennato prima, quello della natura. Tanti, infatti, sono gli elementi descritti nella poesia: il vento di scirocco capace di condizionare l’umore delle persone, così come i tormenti che ciascuno di noi può trovarsi a dover affrontare nel corso della vita; il mare che con il suo impeto travolge ciò che incontra; la roccia che è l’unico elemento stabile a cui ci si può aggrappare per sfuggire e resistere alla forza del vento (dei tormenti) e del mare. Unico punto fermo che, tuttavia, non riesce a contrastare lo scorrere del tempo (altro tema contenuto nella poesia), che Montale descrive come “una vita che fugge come acqua tra le dita”. Tuttavia, mentre tutto intorno scorre e si agita, l’agave rimane ancorata saldamente allo scoglio.

L’apertura della poesia può essere intesa come una supplica fatta alla natura. Una invocazione affinché venga concessa un po’ di tregua all’agave che cerca di resistere alla forza della natura. Montale nel rivolgere tale preghiera, tuttavia, non abbassa la testa, ma affronta la natura a viso aperto, usando un tono deciso a tratti quasi duro.  Un atteggiamento che, poi, il poeta sconterà al margine della poesia, quando tutto questo sforzo che punta all’immobilità viene sentita “come un tormento”.  Uno stato d’animo che è un misto di angoscia e incapacità di reagire, un po’ per mancanza di volontà e un po’ per la superiorità della natura.

In merito alla “fusione tra descrizione del paesaggio marino e meditazione esistenziale”, questa viene espressa esplicitamente o attraverso dei paragoni in diversi versi del poema. In particolare, ciò avviene quando Montale scrive: “Ore perplesse, brividi d’una vita che fugge come acqua tra le dita”, verso in cui il fluire dell’acqua (elemento naturale). Un altro verso che descrive efficacemente il concetto di fusione tra natura e profonda riflessione è quando Montale si paragona all’agave: “ora son io l’agave che s’abbarbica al crepaccio dello scoglio”.

Il componimento evidenzia una serie di contrapposizioni, che rafforzano i temi portanti della poesia. Questa continua lotta interiore per il poeta alle prese con i suoi tormenti e l’agave che cerca di resistere al mare e al vento. In particolare, con alto/basso Montale si riferisce al cielo e alla terra. Mentre nel cielo, al limite, “trapassa qualche biocco di nuvola, sulla terra (in basso), si scatenano le forze della natura. Invece, per quanto riguarda la contrapposizione finito/infinito, questa si coglie nel confronto tra la vita che scorre fino alla sua conclusione e la natura che, anche se muta, prosegue nel tempo. Infine, abbiamo la staticità del poeta (e dell’agave) che si contrappone alla dinamicità della natura.

Metrica 

La ricchezza di sonorità viene raggiunta da Montale grazie all’uso di allitterazioni e all’appropriata scelta di parole che, riuscendo a descrivere bene il paesaggio marino e diversi elementi della natura, danno al lettore la percezione del rumore del mare che si infrange sugli scogli, così come il “ventare di scirocco”. Oltre a ciò, attraverso le dissonanze ottenute dall’allitterazione della lettera B nei termini “abbarbica, braccia, abbranca”, Montale riesce a estendere a chi legge il senso della sua riflessione interiore, i tormenti che lo scuotono, nonostante lui, come l’agave, si “abbarbica” allo scoglio, mentre il mare “braccia” e abbranca” tutto ciò che incontra.

Interpretazione

Nella poesia “L’agave sullo scoglio” emerge il rapporto intenso che Montale ha con la natura e, nel caso specifico, con il paesaggio marino qui descritto. In particolare, affidandosi alle metafore e a parallelismi con gli elementi della natura, Il poeta riesce a far riflettere in merito agli stati d’animo dell’uomo. Un dialogo spesso diretto e duro, a tratti conflittuale, che induce Montale a sentire la nature come una matrigna. Infatti, a volte, a causa del verificarsi di condizioni avverse provocate dalle forze della natura, l’uomo non può che soccombere. Certo, come l’agave, anche il poeta cerca di resistere. Tuttavia, l’amare consapevolezza che non potrà resistere all’infinito, lo fa cadere nell’angoscia e nello sconforto. Stato d’animo che lo induce a pensare, arrivando alla conclusione che questa ostinata resistenza, la tanto desiderata immobilità, altro non è che un peso. Un tormento che diventa pungente quando il poeta si rende conto che, come sosteneva Eraclito: “Panta rei”, tutto scorre. Lo fa la vita come l’acqua tra le dita. Tempo speso male, perché, invece di utilizzarlo in maniera positiva e dinamica, Montale è rimasto fermo; privo di un obiettivo da raggiungere se non quello di rimanere ancorato alla roccia. Sopravvivere invece di vivere. Così, prendendo in prestito i versi di una canzone di Guccini “Scirocco” (che ci riporta al sottotitolo della poesia in esame) sarebbe più opportuno sperare che «Soffiasse davvero quel vento di scirocco e arrivasse ogni giorno per spingerci a guardare dietro alla faccia abusata delle cose, nei labirinti oscuri della case, dietro allo specchio segreto d’ ogni viso, dentro di noi».

 

Rosy Merola

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Rosy Merola

Definisco il mio percorso professionale come un “volo pindarico” dalla Laurea in Economia e Commercio al Giornalismo. Giornalista pubblicista, Addetta stampa, Marketing&Communication Manager, Founder di SinergicaMentis. Da diversi anni mi occupo della redazione di articoli, note e recensioni di diverso contenuto. Per il percorso di studi fatto, tendenzialmente, mi occupo di tematiche economiche. Nello specifico, quando è possibile, mi piace mettere in evidenza il lato positivo del nostro Made in Italy, scrivendo delle eccellenze, start-up, e delle storie di uomini e donne che lo rendono speciale. Tuttavia, una tantum, confesso di cadere nella tentazione di scrivere qualcosa che esula dalla sfera economico-finanziaria (Mea Culpa!). Spaziando dall'arte, alla musica, ai libri, alla cultura in generale. Con un occhio di riguardo nei confronti dei giovani esordienti e di quelle realtà che mi piace definire "startup culturali". Perché, se c'è una frase che proprio non riesco a digerire è che: "La cultura non dà da mangiare". Una affermazione che non è ammissibile. Soprattutto in Italia.