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Napoli, la musica (in)canta: ed è subito magia

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Photo: Pippo Pphiliph

NAPOLI, 10 APRILE 2016 – Quando la musica diventa (in)canto. Magia. Sì, perché solo la (buona) musica – come “linguaggio” universale e trasversale – può fare tanto. Riesce a far confluire a Napoli – da 17 regioni d’Italia (dalla Valle d’Aosta alla Sicilia) – 13.000 coristi. Una città che davvero diventa di “mille culure”. In una Piazza del Plebiscito da cui si eleva non soltanto “a voce de’ creature che saglie chianu chianu”, ma una voce unanime sopra i pregiudizi e le diversità territoriali. Questo anche grazie alla selezione di brani in latino (come il “Dies irae” di Wolfgang Amadeus Mozart), in francese misto al’inglese (“Michelle”, The Beatles), in italiano e napoletano. “I te vurria vasà”: un messaggio d’amore e di civiltà. Infatti, se c’è una cosa che l’esperienza in un coro polifonico ti insegna, è il sapere ascoltare il tuo vicino. Rispettare la voce altrui. Anche se hai un registro vocale e/o una partitura diversa. Perché devi cantare (esprimerti) senza prevaricare – alzando la voce – sugli altri. Mettendo da parte l’egocentrismo, l’individualismo, l’egoismo. Per questo è fondamentale imparare e sapere ascoltare, armonizzare, rispettare la metrica, le pause.”Fare sistema” tra le diverse partiture. Sì, perché l’unica cosa che conta è il risultato finale: comunicare, trasmettere, arrivare, emozionare, noi stessi e chi ci ascolta. Sentirci ognuno parte di un tutto. Ecco perché la musica unisce e non divide. Come in un abbraccio. Quello che – idealmente – l’architettura di Piazza del Plebiscito ben riesce a rappresentare. E, così, solo per qualche ora: “tu sai ca nun si sule”.

Rosy Merola

Rosy Merola

Definisco il mio percorso professionale come un “volo pindarico” dalla Laurea in Economia e Commercio al Giornalismo. Giornalista pubblicista, Addetta stampa, Marketing&Communication Manager, Founder di SinergicaMentis. Da diversi anni mi occupo della redazione di articoli, note e recensioni di diverso contenuto. Per il percorso di studi fatto, tendenzialmente, mi occupo di tematiche economiche. Nello specifico, quando è possibile, mi piace mettere in evidenza il lato positivo del nostro Made in Italy, scrivendo delle eccellenze, start-up, e delle storie di uomini e donne che lo rendono speciale. Tuttavia, una tantum, confesso di cadere nella tentazione di scrivere qualcosa che esula dalla sfera economico-finanziaria (Mea Culpa!). Spaziando dall'arte, alla musica, ai libri, alla cultura in generale. Con un occhio di riguardo nei confronti dei giovani esordienti e di quelle realtà che mi piace definire "startup culturali". Perché, se c'è una frase che proprio non riesco a digerire è che: "La cultura non dà da mangiare". Una affermazione che non è ammissibile. Soprattutto in Italia.