Voci dal Territorio

Ostigliano, fichi e canestri: la stagione d’oro del ‘900

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OSTIGLIANO (SA), 12 AGOSTO 2016 – L’economia cilentana, fino al secolo scorso, non ha subito grandi cambiamenti nel corso del tempo. Mentre la pastorizia padroneggiava solo nelle zone semi-interne, l’agricoltura, con abile maestria e non con pochi sacrifici è stata sapientemente adattata alle condizioni del territorio, costituendo la risorsa principale di sostentamento. A tratti, affiancata da un modesto artigianato, ha garantito vivibilità almeno fino alla metà inoltrata del ‘900 ultimo scorso.

Gran parte dei paesi ha puntato ad una tradizione basata sull’ampia produttività di olio e di grano, e non meno sul vino. Diffusa anche la produzione di salumi e formaggi, mentre il pescato era limitato ai pochi centri costieri. Ostigliano, paese né di monti né di mare, in qualche modo si scosta dal quadro generale e punta ad una agricoltura quasi ‘specializzata’: parliamo del fico bianco.

13987167_1087235538037252_1628707958_oPur essendo presente sul posto da secoli, è solo a cavallo tra le due guerre che si matura lo concezione di attivarsi verso una produzione più redditizia. Siamo negli anni ’50 quando si raggiunge l’apice ed Ostigliano diviene noto per i suoi ‘ficoni bianchi’. Un’impennata che accresce il desiderio di rivalsa su quei lunghi decenni di povertà, spesso aggravati da carestie e ‘supremazia di potere’. I fichi offrono, dunque, un’opportunità di riscatto, e la collina si ammanta di verde; il colore della terra solca i terrazzamenti. Maestri artigiani  diventano costruttori di ‘cesti e canestri’: tipiche del posto sono le ‘grate’ utilizzate maggiormente per l’essiccazione dei fichi. Si intrecciano canne e giunchi. Si crea un connubio indissolubile tra agricoltura ed artigianato, mostrando le tante sfaccettature di un passato, a volte fastoso.

Un quadro idilliaco spazzato via in nome della modernità. Ancora una volta si avverte la necessità di progresso: giunge la svolta. Cessano le attività tradizionali ma forse si è commesso un errore e il sacrificio di quasi un secolo perde sostanza e valore.

Giuseppe Conte