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La Natività nell’arte: Buone Feste!

 

Sin dalla preistoria l’uomo ha sentito il bisogno di raffigurare artisticamente il divino in forma simbolica. Rappresentazione che cambia, si modifica, si evolve nel tempo. In alcuni casi, come spesso accade nell’arte, l’interpretazione simbolica del divino può generare dei sentimenti contrastanti, far nascere delle polemiche.

Mettendo da parte le polemiche, restando in tema, ricordiamo che la nascita del presepe – nel senso moderno del termine – viene attribuita a San Francesco d’Assisi. Si narra, infatti, che quest’ultimo fece allestire a Greggio (vicino Rieti) – la notte del 24 dicembre 1223 –, la rappresentazione della nascita di Gesù.

Invece, secondo quanto scrive Giovanni Santambrogio, nel suo libro: Natività. Le più belle rappresentazioni nell’arte (Novara 2005, De Agostini, pp. 8-9): «Le prime testimonianze sul Natale compaiono nel IV secolo. Fino all’anno 354 la Natività veniva ricordata insieme alla festa dell’Epifania, giorno della manifestazione del Salvatore al mondo intero, simboleggiato dal corteo dei re Magi. Si attribuisce a papa Liberio l’introduzione della data del 25 dicembre, ufficializzata dal calendario come il giorno in cui natus est Christus in Betleem Judaeae. Alcune fonti dicono che già nel 138, al tempo di papa Telesforo, venisse celebrata una messa alla mezzanotte del 24 per attendere la nascita di Gesù, ma le notizie disponibili sono scarse. Il 354 resta il punto fermo. E la scelta del 25 non ha nulla di casuale. Nell’antichità cadeva il solstizio d’inverno; il giorno finiva di accorciarsi e il sole riprendeva a mostrare la sua potenza per imboccare la strada che lo avrebbe portato ai trionfi dell’estate. L’imperatore Aureliano (270-275 d.C.) aveva eletto quella giornata a festeggiamento del dies natalis Solis invictus, in onore del dioMitra considerato fonte della luce.»

Breve riflessione in merito al concetto di arte sacra e arte religiosa – Come è stato puntualizzato nel Capitolo VII (“L’arte sacra e la sacra suppellettile” n. 122) del Concilio Vaticano II: «Fra le più nobili attività dell’ingegno umano sono annoverate, a pieno diritto, le belle arti, soprattutto l’arte religiosa e il suo vertice, l’arte sacra.» Da questo passaggio, si evince che c’è un netto distinguo fra arte religiosa e arte sacra: la prima include la seconda, ma non vale il contrario. Nello stesso scritto si legge ancora: «Esse, per loro natura, hanno relazione con l’infinita bellezza divina che deve essere in qualche modo espressa dalle opere dell’uomo, e sono tanto più orientate a Dio e all’incremento della sua lode e della sua gloria, in quanto nessun altro fine è stato loro assegnato se non quello di contribuire il più efficacemente possibile, con le loro opere, a indirizzare religiosamente le menti degli uomini a Dio.» [1]

Come ha spiegato il prof. Rodolfo Papa, pittore e critico d’arte: «Le arti utili sono rivolte a mezzi pratici, mentre le arti belle sono finalizzate alla bellezza. L’arte, dunque, va precisandosi nella sua identità specifica, per un rapporto particolare con la bellezza. Ed è proprio nel contesto delle arti belle che dobbiamo cercare la collocazione dell’arte sacra. Infatti la bellezza dell’arte esprime la bellezza del creato e, dunque, del Creatore, è quindi costitutivamente aperta nei confronti di Dio. […] L’aggettivo “sacro” viene infatti attribuito innanzitutto al culto, ai riti, ai luoghi, appunto “sacri”, e parimenti all’arte “sacra” e alle sue opere. L’arte religiosa diviene cioè “sacra” quando è finalizzata al sacro culto, al sacro rito, al sacro luogo, affinché serva con la dovuta reverenza e il dovuto onore alle esigenze degli edifici sacri e dei sacri riti»[2].

Infine ricordiamo che il 70% del patrimonio culturale italiano può dirsi ricompreso nell’espressione “beni culturali di interesse religioso“, seguendo l’espressione introdotta nell’ordinamento italiano dall’art. 12 dell’Accordo di modificazione del Concordato del 1984. Ciò implica che sono da ritenersi tali, non soltanto i beni appartenenti agli enti ecclesiastici, ma tutti quelli che – secondo l’aspetto culturale – sono considerati «testimonianze materiali aventi valore di civiltà»; i quali si aggiungono a quelli tutelati dalla Chiesa, come «documenti della propria tradizione e mezzi di promozione dell’uomo, ordinati al culto e alla carità».

Fatto questo lungo ma doveroso preambolo, in prossimità del Natale, SinergicaMentis vuole augurare buone feste a tutti attraverso una selezione di 10 opere d’arte celebri che narrano la Natività.

Iniziamo con una delle prime rappresentazioni fatte di tale evento, il mosaico in stile bizantino della “Natività” che si trova nella Cappella Palatina di Palermo, fatta edificare a partire dal 1129 da Ruggero II.      (Fonte foto: Wikipedia)

Seguiamo con il capolavoro di Giotto, la “Natività di Gesù” (1303-1305), affresco e tempera che impreziosisce la Cappella degli Scrovegni a Padova.(Fonte foto: Wikipedia)

Pregevole è la “Adorazione dei Magi “(1481-82), il dipinto a olio su tavola e tempera grassa realizzato da Leonardo da Vinci, conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze.(Fonte foto: Wikipedia)

Ecco la rappresentazione di Tiziano de “La Sacra Famiglia con un pastore” (1510 circa), un dipinto a olio su tela (99×137 cm) conservato nella National Gallery di Londra.            (Fonte foto: Wikipedia)

Suggestiva è la ”Adorazione dei pastori” (La Notte, 1525-1530) la rappresentazione olio su tavola ad opera di Antonio Allegri, detto Correggio. (Fonte foto: Wikipedia)

Non potevamo escludere da questa selezione di opere due dipinti di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio.  1) “Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi “(1600-1609?) olio su tela. Rubato nel 1969 dall’Oratorio di San Lorenzo a Palermo, il dipinto non è stato ancora recuperato.          (Fonte foto: Wikipedia)

2) “Adorazione dei pastori” (1609), dipinto olio su tela (314×211 cm), conservato nel Museo Regionale di Messina. (Fonte foto: Wikipedia)

Dopo Caravaggio, evidenziamo l’omaggio che Pieter Paul Rubens fece a Michelangelo Merisi attraverso la “Adorazione dei pastori” (1608), un dipinto a olio su tela (300×192 cm) custodito nella Pinacoteca Civica di Fermo.                                      (Fonte foto: Wikipedia)

Gherardo delle Notti, “Adorazione del Bambino” (1661- 1662), Firenze, Galleria degli Uffizi.(Fonte foto: Google Art Project)

Avendo iniziato tale contributo facendo riferimento al Presepe 2020 allestito in Vaticano, concludiamo la rassegna di opere, non con un dipinto, ma con il presepe realizzato nel 2019 dallo street artist contemporaneo Banksy, dal titolo “La cicatrice di Betlemme”. Installato al Walled off hotel di Betlemme, l’opera di Banksy è un presepe di guerra, dove la stella cometa è il foro di una granata.(Fonte foto, profilo instagram di Banksy: https://www.instagram.com/p/B6VOhqjnDBy/)

 

Rosy Merola

 

 

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[1]http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19631204_sacrosanctum-concilium_it.html

[2]https://massimobalkan.wixsite.com/massimobalkanmanna/single-post/2019/12/04/arte-sacra-e-arte-religiosa#:~:text=Dice%20Papa%3A%20%22Le%20arti%20utili,belle%20sono%20finalizzate%20alla%20bellezza.&text=Infatti%20la%20bellezza%20dell’arte,arte%20sacra%2C%20ma%20non%20viceversa.

Rosy Merola

Definisco il mio percorso professionale come un “volo pindarico” dalla Laurea in Economia e Commercio al Giornalismo. Giornalista pubblicista, Addetta stampa, Marketing&Communication Manager, Founder di SinergicaMentis. Da diversi anni mi occupo della redazione di articoli, note e recensioni di diverso contenuto. Per il percorso di studi fatto, tendenzialmente, mi occupo di tematiche economiche. Nello specifico, quando è possibile, mi piace mettere in evidenza il lato positivo del nostro Made in Italy, scrivendo delle eccellenze, start-up, e delle storie di uomini e donne che lo rendono speciale. Tuttavia, una tantum, confesso di cadere nella tentazione di scrivere qualcosa che esula dalla sfera economico-finanziaria (Mea Culpa!). Spaziando dall'arte, alla musica, ai libri, alla cultura in generale. Con un occhio di riguardo nei confronti dei giovani esordienti e di quelle realtà che mi piace definire "startup culturali". Perché, se c'è una frase che proprio non riesco a digerire è che: "La cultura non dà da mangiare". Una affermazione che non è ammissibile. Soprattutto in Italia.