OpinabilMentis

Indirizzo di studio “influencer”? Peggio: l’Italia è al primo posto in Europa per numero di NEET

 

Leggendo sui social la “notizia” riguardante la nascita del percorso “Influencer” della laurea in Scienze della Comunicazione e i relativi commenti, a me sono venuti in mente i concetti studiati al fine di affrontare l’esame di Economia del lavoro all’università. In particolare, ho tirato fuori dal cassetto della memoria i modelli della teoria classica; del marxismo; i modelli neoclassici; gli schemi keynesiani; post keynesiani; neo keynesiani e così via. Allo stesso modo, sono riaffiorati concetti (che avevo completamente rimosso) quali, tasso naturale di disoccupazioni; il salario di riserva; l’equazione dei salari; funzione di produzione; formule, curve e grafici vari. Cerco di coniugare tali concetti con le evoluzioni subite dal mercato del lavoro e la nascita di nuove “figure professionali” e contrattuali. In particolare, cerco di immaginarmi un modello teorico di mercato che tenga conto degli “influencer”. Prendo come figura di riferimento la Ferragni e la sua carriera in ascesa (per bravura o fortuna, ai posteri la sentenza). Nel cercare di visualizzare – in termini grafici e concettuali – un ipotetico modello, è giusto tener presente che quando lei ha iniziato era una “pioniera”. Ciò significa che non esisteva – almeno in Italia – un mercato e non aveva, quindi, molta concorrenza (con tutto ciò che questo comporta). Con il tempo, il numero di tali “figure” è iniziato a crescere e – allo stato attuale dei fatti – viene naturale pensare che continuerà ad aumentare. Così, provo ad immaginare il momento in cui l’università inizierà a sfornare laureati che avranno scelto l’indirizzo “influencer”. A parità di condizioni – o come si legge nei manuali di economia – “ceteris paribus”, a poco a poco anche il “mercato degli influencer” tenderà a saturarsi, con conseguenze negativi in termini di occupazione e potenziali guadagni/profitti.

Tuttavia, mentre sono alle prese con queste elucubrazioni mentali – tra il serio e il faceto -, leggo i dati di uno studio appena diffuso dall’Unicef dal titolo: “Il silenzio dei Neet. Giovani in bilico tra rinuncia e desiderio”. In quest’ultimo si legge che l’Italia è al primo posto per numero di Neet (Not in education, employment or training), ovvero giovani che né studiano e né lavorano. In particolare, in base alla fascia d’età: il 47% del fenomeno è stato registrato nella forchetta di età 25 – 29 anni, il 38% dei ragazzi ha una età tra i 20 – 24  anni e il restante 15% ha tra i 15-19 anni. Nello specifico, sono circa 2.116.000 i neet tra i 15 e i 19 anni, corrispondente al 23,4% del totale dei giovani appartenenti a tale fascia d’età presenti in Italia. Inoltre, i dati evidenziano che l’incidenza di tale fenomeno è maggiore al Sud: in Sicilia il valore raggiunge il 38,6% dell’intera popolazione residente; in Calabria è al 36,2%; mentre in Campania è pari al 35,9%. In merito al titolo di studio, dallo studio emerge che il 49% dei neet ha un diploma di scuola secondaria superiore, il 40% ha un livello di istruzione più basso, l’11% è laureato. Dati che rappresentano un fallimento per l’intera nazione. Soprattutto per la popolazione adulta, rea di essere stata miope nei riguardi delle generazioni future.

Così, miei cari giovani, voi che dimostrate di essere – in tante cose – più avanti noi: fregate il (nostro) sistema, (r)esistete! Quando andrete a fare una scelta incisiva per il vostro futuro, decidendo in merito a come investire sul capitale umano che vi caratterizza, ricordatevi di essere figli di Dante e di Leonardo da Vinci (giusto per citarne due…) e non delle storie instagram della Ferragni, della De Lellis o dell’influencer di turno uscito da qualche reality, anche se adesso le loro “perfomances” sono vincenti e di successo. Se proprio volete ispirarvi ad un “influencer” di spessore, allora puntate su Alberto Angela, capace di battere agli ascolti del sabato sera – con un programma culturale, chi lo avrebbe mai detto! – Maria De Filippi (e voi sapete che non è così semplice). Quando, in maniera “accattivante”, cercheranno di farvi guardare il dito per distogliere il vostro sguardo dalla luna, voi fregateli! Mirate sempre alla luna. Perché, come scriveva Niccolò Macchiavelli ne “Il Principe”: «[…] il saggio agirà come i più accorti arcieri i quali […] mirano molto più in alto del bersaglio non per raggiungere con la loro freccia tanta altezza ma per potere con l’aiuto di così alta mira, centrare il bersaglio».

Rosy Merola

Rosy Merola

Definisco il mio percorso professionale come un “volo pindarico” dalla Laurea in Economia e Commercio al Giornalismo. Giornalista pubblicista, Addetta stampa, Marketing&Communication Manager, Founder di SinergicaMentis. Da diversi anni mi occupo della redazione di articoli, note e recensioni di diverso contenuto. Per il percorso di studi fatto, tendenzialmente, mi occupo di tematiche economiche. Nello specifico, quando è possibile, mi piace mettere in evidenza il lato positivo del nostro Made in Italy, scrivendo delle eccellenze, start-up, e delle storie di uomini e donne che lo rendono speciale. Tuttavia, una tantum, confesso di cadere nella tentazione di scrivere qualcosa che esula dalla sfera economico-finanziaria (Mea Culpa!). Spaziando dall'arte, alla musica, ai libri, alla cultura in generale. Con un occhio di riguardo nei confronti dei giovani esordienti e di quelle realtà che mi piace definire "startup culturali". Perché, se c'è una frase che proprio non riesco a digerire è che: "La cultura non dà da mangiare". Una affermazione che non è ammissibile. Soprattutto in Italia.