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Intrighi del “Salotto buono”, a tre anni dal caso Mps, a Piazza Affari attacco alla banca senese e al settore bancario. Coincidenza?

mps

MILANO, 20 GENNAIO 2016 – Dopo il profondo rosso toccato dall’indice Ftse Mib lo scorso 18 gennaio (quando ha chiuso in ribasso del 2,65%), trascinato in basso – tra gli altri – dal crollo del titolo Monte dei Paschi (-14,76%), continua l’attacco dei titoli bancari. In particolare, è proseguita la discesa libera del titolo della banca senese anche nella giornata ieri e oggi, a fine mattinata, il titolo Mps arriva a perdere un altro 18,08%, sfiorando il nuovo minimo storico di 0,537 euro per azione, prima dell’ennesima sospensione per l’ennesima volta in asta di volatilità.

Un vero e proprio attacco (speculativo) al settore bancario e, in particolare, a Mps. Un affondo che – per quanto mi concerne – fa riflettere, soprattutto se si pensa alla storia passata dell’Istituto senese. Infatti, era intorno al 20 gennaio 2013, quando scoppiò il caso Mps (che portò alla luce una serie di intrecci tra il “salotto buono” della finanza con quello della politica. Macchiato anche dalla morte sospetta (suicidio?) di David Rossi, il 52enne capo dell’area comunicazione del Monte dei Paschi di Siena e uomo di fiducia dell’ex presidente della banca, Giuseppe Mussari).

Detto ciò, io non credo molto nelle coincidenza. Soprattutto nel mondo dell’alta finanza. Comunque sia, poiché repetita iuvant – vista anche la triste vicenda che ha travolto i risparmiatori di Banca Etruria (episodio che, a pensarci, rende ancora più peculiare l’attacco che stanno subendo i titoli bancari in questi giorni) – ripropongo quanto scritto all’epoca in merito all’affaire Mps.

MILANO, 23 GENNAIO 2013 – “A fronte dei possibili impatti patrimoniali derivanti dagli esiti delle analisi relative a tali operazioni strutturate (denominate Santorini e Nota Italia), codesto Consiglio ha deliberato di incrementare di euro 500 milioni (da 3,4 a 3,9 miliardi, ndr) la richiesta al ministero dell’Economia di sottoscrizione dei Monti bonds”, è quanto emerge dalla relazione denominata “Alexandria”, che prende il nome da un contratto derivato con cui, Giuseppe Mussari – stando alla ricostruzione fatta da “Il Fatto quotidiano”– avrebbe proceduto a truccare i conti al fine di ristrutturare un debito per centinaia di milioni di euro. E’ questo il retroscena che ha portato l’ormai ex presidente dell’Abi a rassegnare le proprie dimissioni.

In particolare, i lati oscuri sottesi alla suddetta operazione “Alexandria” – risalente al luglio 2009 – come hanno spiegato l’amministratore delegato, Fabrizio Viola, e il presidente, Alessandro Profumo, sono emersi a seguito delle “richieste di chiarimento avanzate dalla Banca d’Italia con lettera del 20 novembre”. A ciò, ha aggiunto Viola, “hanno fatto seguito all’inoltro alla Banca d’Italia in data 15 ottobre 2012 di un contratto rinvenuto il 10 ottobre 2012 e sottoscritto già il 31 luglio 2009 tra Mps e Nomura (la banca d’affari del gruppo finanziario Nomura Holdings, il più noto del Sol Levante, che nel 2008 rilevò ciò che restava di Lehman Brothers dopo il suo crack) relativo alla ristrutturazione del titolo Alexandria… (mandate agreement) in proposito si segnala che il Mandate agreement non era presente tra la documentazione consegnata alla Banca d’Italia (…) né ai revisori contabili”.

Così facendo, Viola prende le distanze dai suoi predecessori sottolineando l’omessa comunicazione all’Autorità di vigilanza e aggiungendo acqua sul fuoco, “In data 13 dicembre 2012, Nomura ha trasmesso il verbale di una telefonata (nello specifico, una conference call) intercorsa il 7 luglio 2009 tra gli allora vertici di Mps e i vertici europei di Nomura”. Presenti a tale conversazione, il presidente Mussari e l’ad Antonio Vigni, i responsabili finanza, Gianluca Baldassarri e contabilità Daniele Bigi, a Siena. A Londra, invece, erano presenti il presidente di Nomura Europa con quattro dirigenti.

Soffermandosi sul contratto segreto, secondo l’interpretazione di Viola, “Mps decide di migliorare la tipologia del rischio finanziario cui era esposta con il noto Alexandria, un derivato basato sui rischiosi mutui ipotecari. Incredibilmente, Nomura si è resa disponibile a scambiare questo pessimo investimento con una credit linked note con sottostanti titoli subordinati bancari e garantita da obbligazioni emesse da GE Capital European Fund (più sicure dei mutui ipotecari, ndr) ed è questo scambio a realizzare il miglioramento del profilo di rischio”.

In pratica, con il suddetto accordo, Mps scaricava la perdita su Nomura, realizzando – in questo modo – il restyling del bilancio 2009. In cambio, attraverso “un asset swap e due operazioni pronti contro termine a 30 anni legate a tale swap” (come emerge dal verbale della telefonata), ricambiava la banca d’affari nipponica per il favore ricevuto, acquisendo i loro rischiosi derivati.

Tuttavia, i guai del Monte dei Paschi sono iniziati prima della suddetta operazione spregiudicata. Nel 2008, infatti Giuseppe Mussari procedeva con l’acquisto di Antonveneta per 9 miliardi dalla spagnola Santander (che invece l’aveva pagata 6,3 miliardi pochi mesi prima). Contestualmente, nello stesso periodo, la banca aveva registrato una perdita di 367 milioni su un contratto derivato aperto con Deutsche Bank, connesso alla quota del Monte dei Paschi detenuta in Intesa SanPaolo.

Per coprire tale buco, ecco il ricorso alla finanza malata, ad opera dello stesso istituto tedesco che mette in atto un escamotage: “l’operazione Santorini”. Questo consisteva in un finanziamento decennale di Btp da 1,5 miliardi costruito con uno scambio di opzioni ‘digitali’ connesse, da una parte ai tassi di interesse dell’Eurozona dall’altro ad una copertura sulla svalutazione dei titoli di Stato italiani. In base alla documentazione sull’operazione, questa generò subito, nelle casse tedesche, un introito di circa 60 milioni di euro per un prestito con scadenza a fine 2018. Tuttavia, con il peggiorare della situazione economica mondiale, nel 2007, l’operazione Santorini determina perdite per 87 milioni di euro, nel 2008 per 62 milioni, per arrivare ai 224,4 milioni derivanti dalla liquidazione dell’operazione, avvenuta nel 2009.

Così, come ormai i corsi e ricorsi storici dimostrano, le conseguenze di queste azioni spregiudicate della finanza dopata – alla fine – andranno a colpire i soliti noti: il “Parco buoi” che detiene il titolo azionario Mps in borsa; i correntisti della banca senese e – last but not least – i cittadini italiani su cui andrà a gravare l’aiuto di Stato da 3,9 miliardi di euro.

(fonte: Il fatto quotidiano)

Rosy Merola

Rosy Merola

Definisco il mio percorso professionale come un “volo pindarico” dalla Laurea in Economia e Commercio al Giornalismo. Giornalista pubblicista, Addetta stampa, Marketing&Communication Manager, Founder di SinergicaMentis. Da diversi anni mi occupo della redazione di articoli, note e recensioni di diverso contenuto. Per il percorso di studi fatto, tendenzialmente, mi occupo di tematiche economiche. Nello specifico, quando è possibile, mi piace mettere in evidenza il lato positivo del nostro Made in Italy, scrivendo delle eccellenze, start-up, e delle storie di uomini e donne che lo rendono speciale. Tuttavia, una tantum, confesso di cadere nella tentazione di scrivere qualcosa che esula dalla sfera economico-finanziaria (Mea Culpa!). Spaziando dall'arte, alla musica, ai libri, alla cultura in generale. Con un occhio di riguardo nei confronti dei giovani esordienti e di quelle realtà che mi piace definire "startup culturali". Perché, se c'è una frase che proprio non riesco a digerire è che: "La cultura non dà da mangiare". Una affermazione che non è ammissibile. Soprattutto in Italia.